Risultati: piu di 111000 € donati, e molto di piu!!

Ciao Guerrieri!!

È il mio quinto compleanno molto presto e non riesco a pensare a un modo migliore per festeggiarlo che condividere con voi tutti gli incredibili risultati che abbiamo raggiunto insieme nel corso degli anni.

Dato che tendo a paralre molto, vi lascio un breve riassunto in questo primo paragrafo e poi potrete trovare maggiori dettagli per quelli di voi a cui vi piaciono le storie piu lunghe 😊

Abbiamo donato più di 111.000 euro!! Tutto certificato nella nostra sezione «Trasparenza». Inoltre, quando abbiamo iniziato la nostra avventura solo conoscievamo una ricerca rilevante in corso negli Stati Uniti e grazie a voi ora sosteniamo varie in Olanda, Belgio e Italia, non solo per i fondi, che sono molto importanti, ma anche per tutto la presa di coscienza, i contatti stabiliti, la partecipazione a conferenze e progetti importanti (come i protocolli di emergenza salvavita) e, insieme ad altre famiglie, la creazione di una comunità globale ben organizzata e proattiva di pazienti con glicogenosi di tipo 1B che attiri l’attenzione dell’industria e della salute professionisti e ricercatori e li sostiene a continuare a interessarsi alla ricerca su questa malattia.

GRAZIE MILLE PER TUTTO!!! AVETE FATTO TANTO BENE A TANTE PERSONE!! 🙂

E per chi volesse maggiori dettagli, come vi abbiamo detto, nella nostra sezione «Donazioni e Trasparenza» potete trovare tutti i certificati ufficiali che accreditano le donazioni e nella sezione «Ricerca» i diversi progetti che abbiamo sostenuto, quelli che sono in marcia e l’impatto positivo di tutto ciò. In breve, sosteniamo lo sviluppo della terapia sostitutiva enzimatica a base di RNA messaggero, lo sviluppo della terapia genica, gettando le basi per il futuro editing genetico e un’ulteriore comprensione di trattamenti sperimentali come empagliflozin. .

  • Come forse ricorderete, tre anni fa sono stato un pioniere nel ricevere un trattamento sperimentale per la glicogenosi 1b nei Paesi Bassi e da allora abbiamo fatto tutto il possibile per rendere più semplice l’accesso a tutti i pazienti:

o Abbiamo scritto un articolo su una rivista scientifica chiamata The Journal of Inherited                                Metabolic  Diseases.

o Pubblichiamo un podcast nell’area di ricerca dell’University Medical Center Groningen

o Abbiamo partecipato a vari Webinar, conferenze, interviste, programmi e lezioni universitarie                 insieme al nostro carissimo Dottor Derks sul trattamento sperimentale

o Abbiamo finanziato la pubblicazione di diversi articoli di ricerca in cui è espressamente                          riconosciuto il sostegno di «Nina e dei suoi gerrer@s» che hanno facilitato l’accesso alle cure e la            loro conoscenza. Senza articoli di questo tipo, alcuni professionisti potrebbero non aver osato                  curare i loro pazienti o alcune compagnie di assicurazione sanitaria potrebbero non averli                          finanziati.

  • Abbiamo partecipato alla creazione di un sito web http://www.emergencyprotocol.net (e al suo webinar di lancio) che genera protocolli di emergenza che salvano vite a pazienti con diverse  malattie metaboliche, inclusa la glicogenosi.
  • Insieme ad altre famiglie, su curegsd1b.org abbiamo creato una piattaforma globale di pazienti e famiglie di glicogenosi 1b da tutto il mondo, estremamente importante per diversi motivi:

o Siamo una rete di supporto di pazienti a pazienti che scambiano conoscenze e consigli molto               utili data la (ultra) rarità della malattia.

o Una comunità di pazienti ben organizzata, altamente proattiva e accessibile all’industria                         farmaceutica e genetica, agli operatori sanitari e ai ricercatori ha maggiori possibilità di vedere                 più progetti e iniziative andare avanti.

o Siamo aggiornati su tutti i progetti che si stanno sviluppando e colleghiamo ricercatori,                         medici, laboratori, aziende, secondo le opportunità e le sinergie che troviamo.

o Stiamo attualmente sviluppando un nuovo modello ti topi di laboratorio specifico per la                       glicogenosi di tipo 1b che tutti i ricercatori interessati potranno utilizzare senza limitazioni. Oggi               ci sono modelli che non sono condivisi e riteniamo importante che ce ne sia uno disponibile per               tutti coloro che lo vogliono utilizzare.

  • Continuiamo inoltre ad essere membri attivi dell’Associazione Spagnola di Pazienti con Glicogenosi e dell’Associazione Italiana di Glicogenosi.
  • Partecipiamo alla rete di riferimento europea per le malattie metaboliche ereditarie dell’Unione europea come rappresentanti dei pazienti e siamo membri dell’Alleanza europea per le malattie rare – EURORDIS.

Potete essere fieri guerrieri!! Abbiamo vinto molte battaglie e continueremo a farlo per tutti i pazienti con glicogenosi 1b nel mondo. Non ci fermeremo finché non avremo trovato una cura.

MILIONI DI NINABBRACCI!!! 🙂

RESULTS: More than 111.000 € donated to research!! And so many other things…

Hi Warriors!!

It’s my 5th birthday very soon and I can’t think of a better way to celebrate it than sharing with you all the incredible achievements we have accomplished together over the years.

As I tend to talk a lot, I’ll leave you a brief summary in the paragraph below for those of you who like going to the point and, for the others, please continue reading till the end for more details 😊

We have donated more than 111,000 Euros!! All is certified in our «Transparency» section. Added to that, when we started our adventure we only knew one ongoing research in the US and thanks to you there are now several in the Netherlands, Belgium and Italy, not only thanks to the funding, which is very important, but also thanks to all the awareness raised, the contacts established, our participation in important conferences and projects (such as the life-saving emergency protocols initiative) and, together with other families, the creation of a well-organized and proactive global community of GSD1B patients and families that works closely with health professionals, researchers and industry to guarantee the progress of GSD1b research.

THANKS SO MUCH FOR EVERYTHING!!! YOU’VE DONE A LOT OF GOOD TO A LOT OF PEOPLE!! 🙂

And for those of you who want more details, as mentioned above, in our «Donations and Transparency» section you can find all the official certificates of our donations and in the «Research» section the different projects that we are supporting and their positive impact. In short, within www.curegsd1b.org we are supporting the development of mRNA-based enzyme replacement therapy, the development of gene therapy, laying the foundations for future gene editing, and further promoting the understanding of experimental treatments such as the one with empagliflozin. .

  • As you may remember, I was one of the first patients receiving an experimental treatment for GSD1b in the Netherlands three years ago and since then we have done everything possible to make it easy for all patients to have access to it:

          o We wrote an article in a scientific journal called The Journal of Inherited Metabolic Diseases.

          o We published a podcast in the research area of ​​the University Medical Center of Groningen

          o We participated in several webinars, conferences, interviews, programs and university classes                together with our dearest Doctor Derks on the experimental treatment

o We funded the publication of several research articles in which the support of “Nina and her                  warriors» is explicitly acknowledged, which have facilitated access to the treatment. This kind of                articles are very important for health-care professionals to be ready to provide the treatment to                new patients and also for some insurance companies to cover the associated costs.

  • We participated in the creation of a website www.emergencyprotocol.net (and its launch webinar) that generates emergency protocols that save lives for patients with different metabolic diseases, including glycogenosis.
  • Together with other families, we have created a Global Platform of GSD1b patients and families from all over the world at curegsd1b.org. This is incredibly important for several reasons:

o We are a support network of patients and families that exchange very useful knowledge and advice.

o A well-organized patient community, that is highly proactive and accessible to the                                  pharmaceutical and genetics industry and to healthcare professionals and researchers, has a much            better chance of seeing more projects and initiatives implemented.

o We know all the projects that are being developed and we connect researchers, doctors,                        laboratories, companies, according to the opportunities and synergies that we find.

o We have facilitated the creation of a new GSD1b mouse model that will be available for all                    interested researchers.

  • We also continue being active members of the Spanish Association of GSD Patients and the Italian Association of GSD
  • We participate in the European Reference Network for Inherited Metabolic Diseases of the European Union as patient representatives and we are members of the European Alliance for Rare Diseases – EURORDIS.
  • We are part of an innovative Hepatic Glycogen Storage Diseases Network (GSDNet) to support value-based healthcare and research, within a COST Action

You can be proud warriors!! We have won many battles and will continue to do so for all the GSD1b patients and families in the world. We will not stop until we find a cure!

MILLIONS OF NINAHUGS!!! 🙂

Resultados:Más de 111.000 € donados a investigación!! y mucho más…

Hola Guerrer@s!!

Muy pronto es mi 5° cumpleaños y no se me ocurre mejor manera de celebrarlo que compartir con vosotros todos los increibles logros que hemos conseguido juntos durante estos años.

Como suelo enrollarme bastante, os dejo un breve resumen en este primer párrafo para los que os gusta ir al grano y, a continuación, podéis encontrar más detalle para los que os guste la chicha 😊

Hemos donado más de 111.000 Euros!! Todo certificado en nuestra sección de «Transparencia». Además, cuando empezamos nuestra aventura solo conociamos una investigación en marcha en EE.UU. y a gracias a vosotros ahora estamos apoyando varias en Holanda, Bélgica e Italia, no solo por los fondos, que son muy importantes, sino también por toda la concienciación hecha, los contactos establecidos, la participación en conferencias y proyectos importantes (como los protocolos de emergencia que salvan vidas) y, junto con otras familias, la creación de una comunidad global de pacientes de glucogenosis tipo 1B bien organizada y proactiva, que llama la atención de la industria y de profesionales sanitarios e investigadores y les apoya para que sigan interesandose en la investigación sobre esta enfermead.

MUCHISIMAS GRACIAS POR TODO!!! HABEIS HECHO MUCHO BIEN A MUCHA GENTE!! 🙂

         

Y para los que queréis mas detalle, como os deciamos, en nuestra sección de « Donaciones y Transparecia » podéis encontrar todos los certificados oficiales que acreditan las donaciones y en la sección de « Investigación » los diferentes proyectos que hemos apoyado, los que están en marcha y el impacto positivo de todos estos. En resumen, estamos apoyando el desarrollo de la terapia de remplazamiento enzimático basada en ARN-mensajero, el desarrollo de una terapia génica, la creación de las bases para una futura edición genética, y el conocimiento más detallado de tratamientos expérimentales como el de la empagliflozina.

  • Como recordaréis, fui pionera en recibir un tratamiento experimental para glucogenosis 1b en Holanda hace tres años y desde entonces hemos hecho todo lo posible para que todos los pacientes tenga fácil acceso a éste :
  • Participamos en la creación de una web http://www.emergencyprotocol.net (y su webinar de lanzamiento) que genera protocolos de emergencia que salvan vidas para pacientes de diferentes enfermedades metabólicas, entre ellas, la glucogenosis.
  • Junto con otras familias, hemos creado una Plataforma Global de pacientes y familias de glucogenosis 1b de todo el mundo en curegsd1b.org Esto es increiblemente importante por varios motivos :
    • Somos una red de apoyo de pacientes a pacientes que intercambian conocimiento y consejos muy útiles dada la (ultra)rareza de la enfermedad.
    • Una comunidad de pacientes bien organizada, muy proactiva y accesible a la industria farmacéutica y genética y a profesionales sanitarios e investigadores tiene muchas más posibilidades de que salgan más proyectos e inicativas adelante.
    • Estamos al dia de todos los proyectos que se están desarrollando y conectamos a investigadores, medicos, laboratorios, empresas, según las oportunidades y sinergias que encontramos y también facilitamos donaciones de terceros para ellos.
    • Actualmente estamos desarrollando un nuevo modelo de ratón de laboratorio especifico para glucogenosis tipo 1b que todos los investigadores interesados podrán usar sin limitaciones. A dia de hoy hay modelos que no son compartidos y creemos importante que haya uno disponible para el todo el que lo quiera usar.
  • También seguimos siendo miembros activos de la Asociación Española de Enfermos de Glucogenosis y de la Asociación Italiana de Glocogenosis.
  • Participamos en la Red Europea de Referencia para Enfermedades Metabólicas Hereditarias de la Unión Europea como representantes de pacientes y somos miembros de la Alianza Europea de Enfermedades Raras – EURORDIS.
  • Además, somos parte de un proyecto pionero para la creación de una Red de Glucogenosis Hepáticas (GSDNet) de médicos, investigadores y pacientes, para mejorar la investigación y el servicio sanitario para pacientes con glucogenosis a través de una COST-Action

Si quéreis apoyar en una batalla mas, no dudéis en apuntaros a nuestro V Senderismo Solidario a través de este enlace o en Alcalá la Real en Federópticos Navas y Tienda Bodegas Campoameno.

Podéis estar orgullos@s guerrer@s!! Hemos ganado muchas batallas y lo seguiremos haciendo en favor de todos los pacientes del mundo con glucogenosis 1b. No pararemos hasta encontrar una cura.

MILLONES DE NINABRAZOS!!! 🙂

L’odissea di imparare a mangiare con glicogenosi

Ciao Guerrier@!

Dato che sto un po’ meglio e ho più «vita sociale» il blog è un po’ abbandonato, ma sono sicura che capirete bene e ad ogni modo ci vediamo più frequentemente nelli reti sociali (Fb, twitter, etc) 😊

Qualche tempo fa vi ho raccontato quanto fosse intensa e rischiosa la mia vita prima di incontrare il Dr. Derks e di andare in Olanda per seguire un trattamento sperimentale per la glicogenosi di tipo 1b.

A parte ipoglicemie, infezioni o gravi emergenze , una delle cose che richiedeva più lavoro, costanza, energia, pazienza e buonumore era la necessità di imparare a mangiare per bocca, a masticare ed ingerire cibi solidi.

Questo e’ tremendamente importante per poter nutrirmi come qualsiasi altro bambino, avere una dieta più sana, lasciare il sondino nasogastrico in futuro (almeno durante il giorno), e per ricevere le vitamine, proteine, nutrienti, fibre, etc. in un modo più naturale.

Tuttavia, imparare a mangiare con la glicogenosi non è così facile. Se da un lato, avere un sondino nasogastrico non è affatto piacevole e questo non rende le cose semplici, dall’atra parte, anche quei piccoli guerrieri che hanno un bottone gastrico, anziche’ un sondino, hanno difficoltà. Perché? Principalmente perché abbiamo sempre la pancia piena o, per lo meno, una sensazione di sazietà permanente.

Come ricorderete infatti,dobbiamo assumere l’amido di mais (Maizena) sciolto in acqua molte volte al giorno. La Maizena crea una pasta nello stomaco e si scioglie a poco a poco. Quando e’ quasi finita… Cataplum!… un’altra volta bisogna assumere cibo e amido di mais, insomma e’ una ruota! Essendo l’amido di mais un carboidrato a lento assorbimento,  ci dà energia in maniera stabile per circa tre ore e ci aiuta ad allungare i digiuni e ad avere una migliore qualità della vita… ma non aiuta affatto ad avere appetito !

Da qualche tempo,  sto mangiando come una campionessa, mi piace il cibo, incluso a volte dico… ho fame! (Ai miei le vengono le lacrime agli occhi di gioia…) Ma arrivare fino qui non è stato facile.

Abbiamo lottato ogni cucchiaino, ogni micro pezzettino di cibo, ogni pasto, ogni giorno, ogni settimana, mese e anno . È stata ed e’ una fatica enorme , ancor di più considerando la gravità della malattia (non riuscire a dormire la notte, lo stress dell’ipoglicemia o le emergenze…) soprattutto nel bel mezzo di una pandemia. Ora siamo super contenti dei buoni risultati. Ne è valsa la pena!!! 🙂

Siamo infinitamente grati a molte persone: a Florentine, la super professionale che abbiamo incontrato in Olanda, che ci ha fatto avere una reale speranza di riuscirci per la prima volta, a tutta la famiglia, gli amici, logopedisti o personale sanitario che mi hanno dato da mangiare, o che ci hanno provato, o che hanno dato consigli utili, o hanno fatto mille cose folli per darmi il coraggio e la forza. E ‘stata davvero una maratona che abbiamo corso come una squadra.

Vorrei fare alcune raccomandazioni alle famiglie che ora stanno attraversando questo periodo. Per tutti loro, anzitutto, un sacco di incoraggiamento! Non gettate mai la spugna ! Ce la farete campioni, cucchiaio dopo cucchiaio, giorno dopo giorno, un passo alla volta.

Ricordatevi che non siamo logopedisti o personale sanitario, e che è meglio consultare ogni caso con il vostro team in ospedale. Tuttavia, poiché molti di voi ci hanno chiesto come abbiamo fatto noi, crediamo che valga la pena condividere la nostra esperienza, come tanti  hanno fatto previamente con noi e da cui abbiamo imparato. Comunque, eccoci qui :

– Rendi il «Mangiare» un momento FORMALE… ed anche PIACEVOLE , DIVERTENTE. 

È molto importante che il piccolo capisca che è ora di pranzo o cena, e che è quello che deve fare. Se mi avessi visto le prime volte… Mamma mia! Iniziavo a mangiare 5 minuti e poi scappavo per giocare. I miei genitori mi correvano dietro con ilcucchiaio in mano… Devi evitare questo se possibile, l’ideale è sederlo in un seggiolone per bambini (a volte scappavo anche del seggiolone… ma è vero che aiuta) facendogli capire che questo e’ l’orario del pasto (come per tutti i bambini del resto).

Devi esser capace di essere deciso e convincente, in modo piacevole, ma senza lasciare spazio a dubbi, perché deve mangiare e questo non è negoziabile. Devi insistere ed essere costante, ma mai, mai, mai, devi forzare il bambino, o perdere la pazienza, o fargli vedere la frustrazione quando rifiuta qualcosa. Evita a tutti i costi che il momento del mangiare venga identificato come un momento obbligato, forzato o spiacevole.

Formalità e assertività non significano che il momento non possa essere divertente. Puoi chiacchierare, cantare, portare un giocoo un libro o farti accompagnare da qualcun altro per il momento «tifoso». Puoi anche essere molto creativo e, a volte, presentare il tuo cibo come se fosse, ad esempio, la faccia di un pagliaccio (due fette di cetriolo come occhi, un peperone come naso, una bocca di pollo… etc.)

Ricordo in particolare un momento magico: nel bel mezzo della pandemia, centinaia di persone uscivano ai balconi alle 20:00 per applaudire il personale sanitario. I miei genitori pianificavano e dato la cena in modo che quando avessi finito fossero le 20:00 e mi dicevano che l’applauso era per me, per aver terminato la cena !:) … Così ho pasato diverse settimane fortemente motivata dalla cena :-P.

– Cerca di far mangiare i più piccoli con altri bambini e fatti aiutare da altre persone. Evita gli schermi.

Per noi è sempre stato molto utile poter mangiare con altri bambini. Infatti, se li vedevo mangiare, mi veniva piu voglia. Non so perché, forse per imitazione, perché mi sentivo parte di un gruppo… Ricordo che durante la nostra permanenza nella Ronald McDonald House di Malaga dove convivevamo con altri bambini e famiglie che seguivano terapie all’ospedale, mi ha aiutato vederli mangiare e ricevevo incoraggiamento da tutti, a volte mi nutrivano altre mamme o papa o bambini a turno.. Da quando ho iniziato ad andare all’asilo 8 mesi fa, ho fatto molti progressi anche a mangiare da sola e quest’estate che ho passato qualche settimana con i miei cugini che sono dei gran buongustai ho fatto ancora più progressi. Purtroppo ho tempo calcolato per ingoiare il cibo per varie ragioni legate al moi trattamento e quindi vengo inboccata spesso, ma pronto lo sapro’ fare sempre da sola, me lo sento !.

Anche quando cercavano di darmi da mangiare altre persone semi-sconosciute, ricordo che andava bene. Non so se fosse per la novità, perché lo facevano diversamente o per vederli meno stanchi dei miei genitori, ma quasi sempre aiutava, ero più predisposta.

Ammetto che a volte ho mangiato guardando videos sul telefono cellulare, in particolare i giorni quando non c’era assolutamente alcun modo per farmi mangiare. Questo ha dei rischi: ogni volta che guardavo un video ad un pasto, chiedevo video anche quel giorno a cena, e il giorno dopo, e quello dopo. Ho iniziato a collegare il cibo ai video e questo generava dioendenza. Per fortuna sono molto curiosa e mi diverto con quasi tutto, quindi è stato facile disconnettermi dal video, ma bisogna comunque stare molto attenti perché, purtroppo, è anche molto facile ricadere in quello ed entrare in un circolo vizioso che associa il cibo allo schermo.

– Prova cibi, sapori, consistenze e colori diversi.

È importante allenare il nostro gusto ed abituarci a mangiare di tutto, come vale per tutti i bambini. È bene identificare ciò che ci piace di più e ciò che ci attrae, ma senza smettere di darci un po’ di tutto, e se rifiutiamo qualcosa, continuare a provare (insistere, non forzare) ma in un altro momento.

– Utilizzare piccoli piatti o contenitori, adeguati alla quantità di cibo che si dovrebbe mangiare:

A tutti noi piace la sensazione di aver realizzato qualcosa, di esserci riusciti. Anche all’ora di pranzo, se vediamo che abbiamo lasciato il piatto vuoto, ci sentiamo meglio e siamo più motivati a prenderlo la prossima volta. Quindi usare piatti piccoli e riempirli solo con il cibo che si pensa di riuscire ad inghiottire.

Usare un sistema, consolidare il progresso e dopo migliorare sulla quantità ed i tempi

Scegli 5 cibi diversi , ad esempio : un pezzo diuovo sodo, maccheroni, pesce, avocado e un cecio.

Inizia il primo giorno dando un pezzo di cibo e guarda come reagisce. Se gli dai un cecio e lui lo sputa, non succede niente, non ti deve vedere frustrato. Senza darli importanza, togli il cecio e scrive in un registro che non l’ha mangiato. Si provera’ in un altro momento fino a quando si avrà successo e nel frattempo si possono provare altre cose.

Se invece mangia bene il cecio, fa le congratulazioni, scrivilo e al prossimo tentativo dagli due ceci (uno dopo l’altro) invece di uno.

Così con tutti gli alimenti, fino a quando la quantità aumenta poco a poco. Quando ne mangi quantità considerevoli, poi di deve lavorare sull’accordiare i tempi per magiare (per esempio da un’ora a mezz’ora).. Poi il piccolo dovrà iniziare a mangiare da solo… beh, quando crescerà tutto diventerà più facile.

 

– Non abbiate paura di dare pezzi di cibo adeguati alle loro capacità :

Per un po’ di tempo mi hanno dato dei pezzettini microscopici di cibo pensando che questo potesse aiutarmi a imparare a mangiare ed evitare possibili soffocamenti dato che mangiando per tanto tempo con la sonda i miei muscoli mandibolari non erano esercitati e forti. Tuttavia, quando i pezzi erano troppo piccoli, si perdevano nella mia bocca, non ero consapevole di quello che avevo, non era facile per me spostarlo con la lingua o masticarlo.

Ricordo quando Florentine in Olanda, per la prima volta, prese un buon pezzo di cibo e me lo mise in bocca. Non dimenticherò mai la faccia di sorpresa dei miei genitori. Anche io sono rimasta all’inizio perplessa e ho alzato le sopracciglia, ma presto ho capito che potevo finalmente controllarlo a mio piacimento. Quando avevo due anni sono riuscita a mangiare per la prima volta il mio primo pezzettino di lasagna… Saranno stati due centimetri di cibo, ma che festa è stata !… 😊

Un passaggio di questo tipo è importante farlo con un professionista, o comunque piano piano. Il messaggio che vogliamo trasmettere è che il pezzo di cibo non deve essere né troppo piccolo né troppo grande, bisogna trovare la giusta misura e ad ogni modo, senza timori fare un tentativo.

– Esercita:

Come altri muscoli del corpo, anche quelli coinvolti nel mangiarer devono essere allenati.

Mi ricordo che quando avevo circa 9 mesi e abbiamo iniziato ad introdurre il cibo per bocca, qualche cucchiaino di pappetta era gia’ un bel risultato.. ma non era sufficiente per cui il resto delkla porzione finiva per sonda con siringhe da 5 ml..  i miei genitori hanno ancora i calli sulle dita delle mani .  😊 )

Ho visitato 4 logopedisti e tutti mi hanno consigliato molta pratica e allenamento. Alcuni mi hanno messo in bocca degli artefatti in silicone (ricordo, in particolare, uno che aveva la forma di una zampa di polipo… ahah… che tentacoli…), mi hanno massaggiato dolcemente le guance, la mascella, la parte tra il mento e la noce, mi accarezzavano le labbra con il cibo, o mi lasciavano manipolare cibi diversi ed altre consistenze con le mani.

–  Distanzia un po’ di più i colpi di amido di mais:

Come dicevamo prima, l’amido di mais dà molta sazieta’, ed i piccoli con glicogenosi si sentono sempre pieni. Se ne hai la possibilità e ti senti sicuro di farlo, in coordinamento con il tuo team medico, potresti dare il pranzo e la cena il più lontano possibile dall’assunzione dell’amido di mais. Ad esempio, se mangia amido di mais alle 10:00 e deve mangiare ancora alle 12:45 o alle 13:00, invece di dargli il cibo in quanto tale, puoi dargli un piccolo spuntino a base di carboidrati che dura fino alle 13:30 o 13:45 … e lì inizia il pasto e dopo la maicena. Insomma, non dar maizena ogni 3 ore ma arrivare fino a 4 o anche 5 dando nel frattempo piccoli snack di carboidrati diversi che no saziano cosi’ tanto.

Questo non è molto ortodosso e richiede più lavoro , attenzione e controllo , ma a noi ci ha aiutato fino a quando siamo riusciti a migliorare. Lo vedria con il tuo team medico.

Ad ogni modo, speriamo che alcune di queste tecniche vi siano d’aiuto, sicuramente la maggior parte le avete già provate soprattutto se i vostri piccoli guerrieri hanno fratelli o sorelle, la raccomandazione principale è di continuare a provarci, sempre, senza sosta, anche quando il piccolo si nutre solo per sonda, non arrendersi, ed averela convinzione di riuscirci.

Ancora una volta, grazie mille a tutti voi che ci avete aiutato lungo la strada.

Molto incoraggiamento, molta forza e milioni di NinAbbraci.

Learning to eat when you live with GSD

Hello Warriors! Long time! Since I’m a little better and have more «social life» the blog is a little abandoned, but I’m sure you understand… and we see each other frequently in social networks anyway 😊

Some time ago I told you how intense and risky my life was before I met Dr. Derks and before I went to The Netherlands to follow an experimental treatment for GSD type 1b

You may remember that apart from severe hypoglycemia, serious infections or several emergencies, one of the things that more work, perseverance, energy , tenacity, patience and good sense of humor required was the need to teach me how to eat by mouth, to take solid food.

This was tremendously important, to be nourished like any other child, to have a healthier diet, to leave the nasogastric tube one day (at least during the day), to receive vitamins, proteins, nutrients, fiber, in a more natural way.

The thing is that learning to eat when you are living with GSD is not that easy. On the one hand, having a nasogastric tube is not at all pleasant and it bothers a bit when you are trying to learn. On the other hand, even those little ones who do not have the NG tube and went for a G-tube also have challenges. Why? Mainly because our stomach is always full a we have a permanent feeling of satiety.

As you may remember, we have to take cornstarch (CS) dissolved into water several times a day. It becomes a thick lump in the stomach and is digested little by little… and when it is almost finished… Boom! … another meal and another CS. Being a slow absorption carbohydrate, cornstarch, gives us energy for about three hours and it helps us make longer fasting period and have better quality of life … but it does not help at all if you want to feel like eating.

Now I am eating like a champion, I enjoy the food, sometimes I even say I ‘m hungry!!!! (then my parents shed a tear of joy..)

Getting there has not been easy. We have fought every spoon, every food, every meal, everyday, every week, month and year. It has been an enormous effort, specially considering the severity of the disease (not being able to sleep well at night, the stress of hypoglycemia or emergencies …) and in the midst of a pandemic. Now we are super happy with the good results. It has all been worth it! 😊

We are infinitely grateful to many people: to Florentine, the super professional we met at the University Medical Center in Groningen (UMCG) in The Netherlands, part of Wonderful Dr. Derks multidisciplinary team, who made us have real hope for the first time in this regard, and to all our relatives, friends, caregivers, speech therapists or healthcare professionals who have fed me (or tried to), who have given us useful advice, or who have done a thousand crazy things in front of me to give me courage and strength. It has really been a marathon that we have run as a team.

We take this opportunity to leave here some recommendations for families who are now going through this period. For all of them, we send a lot of strength and positive vibes! Don’t throw in the towel. You will get there, spoon by spoon, day by day, one thing at a time.

Remember that we are not speech therapists, or health professionals. We suggest you consult with your medical team at the hospital. However, as many of you have asked us to tell our experience, we believe that it is worth sharing our adventures, as so many of you have done with us before. Here we go:

– Make it a FORMAL moment … and also a PLEASANT and FUNNY one. This is not incompatible!

It is very important that the little one understands that it is time to have a meal and that this is what he/she has to do. If you had seen me in the beginning … Mamma mia! I would try to eat for 5 minutes and then I would run away and start playing… and my parents would run after me, spoon in hand…

You have to avoid that and the ideal thing is to have a highchair for babies (I could escape even from those, but it was a bit more difficult… 🙂 ).

You also have to be assertive and convincing, in a pleasant way, but without leaving room for hesitation, because the baby has to eat and that is not negotiable. You have to insist and be constant, but never, never, never, force the child or lose patience, or let him/her see your frustration when food is rejected. It is necessary to avoid at all costs that the moment of eating is identified as a forced or unpleasant moment.

Formality and assertiveness can go together with fun. You can chat, sing, bring a doll or a book or have someone else accompany the moment » cheering» … etc. Once in a while you can also be very creative and present your food as if it were, for example, the face of a clown (two cucumber slices as eyes, a pepper as a nose, a mouth made of chicken … etc.)

I especially remember a very magical moment: in the middle of the pandemic, in Spain, hundreds of people came out to their balconies at 8:00 p.m. to applaud the healthcare professionals. My parents planned to give me dinner so that I would finish at 8:00 pm. And so it happened, I finished dinner and hundreds of people began to applaud (me) … my parents more than anyone … so I gave them my usual smile and my eyebrow lift … and I spent several weeks highly motivated by dinner.

If possible, let them eat with other children and have other people help you. Avoid screens.

Eating with other children always made me eat better. I don’t know why, maybe because of imitation, because I felt part of a group, because somehow it encouraged my appetite … who knows. I remember that during our time in the Ronald McDonald House in Malaga where there were other children and families who had to live near the hospital, it helped me to see them eat and everyone there encouraged me a lot. Since I started going to kindergarten I have also made a lot of progress, I have learned to eat by myself. This summer I have spent a few weeks with my cousins ​​who are «very good eaters» and I have made even more progress. Sometimes someone feeds me because apart from eating exact weighted amounts of food we must also control the timing in which I eat them… but soon I will manage to eat everything on time by myself.

I also remember that when someone «new» tried to feed me, I ate better. I don’t know if it was because of the novelty, because they did it differently or because they look fresher, but it was like I was more predisposed.

I admit that a few times I have eaten watching a video on the phone, especially on days when there was absolutely no way to make me eat. But screens have their risks: every time I watched a video at lunch, I also asked for a video that day at dinner, and the same the next day. I began to link food with videos and knowing that «screens» are not good for children, this had to be controlled. Luckily, I am very curious and I am entertained with almost anything so it was easy to disconnect from them.

– Try different foods, flavors, textures, colors.

It is important to train our taste and get used to eating a big variety of things. It is good to identify what we like the most and what attracts us, but keep offering us a bit of everything, and if we reject something, keep trying (insist, do not force) any other time. When the little one accept a new food, give it to him/her in several occassions any other time so that the acceptance is consolidated.

– Use small plates or containers, adjusted to the amount of food the little one should eat:

We all love feeling like we have achieved something, that we have succeded. If we see that we have left the plate empty, we feel better, and we are more eager to get it next time. We do not want large plates with more food than we need so that by the end of the meal we see leftovers on the plate…

Have a system, consolidate progress, increase quantity and improve timing gradually:

For instance, choose 5 different foods, a piece of: boiled egg, macaroni, fish, avocado and a chickpea.

Start the first day by giving a single piece of one of these foods and see how the little one reacts. If you give him a chickpea and he spits it out, do not worry, he/she should not see you frustrated, remove the chickpea discreetly and write down in a registry that he has not eaten it. You can try again any other time till your succeed and, in the meantime, you can try other things.

If, on the other hand, he/she eats chickpeas well, congratulate him/her, write it down in the registry, and on the next try, give him two chickpeas (one after the other) instead of just one.

Same with all foods, until the amount increases little by little. When the little ones eat considerable quantities, if it takes them a long time to eat (half an hour, an hour), you will have to try to shorten the timing step by step. Then the little one should start eating alone … and well, as he/she grows up, everything will get easier.

– Do not be afraid to give them pieces of food appropriate to their capacity:

For a while, I was given very small pieces of food thinking that this could help me to learn and to avoid possible choking. However, when the pieces were too small, they got lost in my mouth, I was not aware of what I was eating, it was not easy for me to move the food with my tongue or to chew it.

I remember when Florentine in The Netherlands, for the first time, took a sizeable piece of food and put it in my mouth. I will not forget the *surprise face» of my parents. Even I was surprised and raised my eyebrows. I soon realized that I could finally feel the food well and that I could actually control it. When I was two years old, I managed to eat my first piece of lasagna for the first time … It was probably just two centimeters of food, but what a celebration we did… 😊

– Train:

Like any other muscle of the body, those involved in eating must be exercised.

I remember when I was about 9 months old and we started trying to introduce food by mouth. A few tablespoons of baby food were quite an achievement and many times they had to put the baby food through the NG tube … (at that time they only gave us very small enteral nutrition syringes … my parents still have calluses on their fingers … 😊 )

I have gone through 4 speech therapists and they all recommended a lot of practice and training. Some of them used silicone devices for the mouth muscles (I remember, in particular, one that was shaped like an octopus leg … haha ​​… big tentacles!! …), they gently massaged my cheeks, my jaw, the part between the chin and the walnut, they caressed my lips with food, or let me manipulate or smell different foods.

– Delay a bit the intake of cornstarch:

As mentioned before, cornstarch makes us always feel full. If you have the opportunity and you feel safe to do so, in coordination with your medical team, you could place lunch and dinner as far away as possible from the previous intake of cornstarch. For example, if the little one eats cornstarch at 10:00 and he has to eat again at 12:45 or 13:00, instead of giving him/her the food + CS again, you can give him/her a small carbohydrate snack that keep him/her stable until 13:30 or 13:45 … and there start the meal.

This is not very orthodox and requires more work, attention and control , but it has helped us until we have managed to improve. We leave it up to you and your medical team to see if it can be useful.

Anyway, we hope that you find useful some of these tips. The final recommendation is that you keep trying, without giving up, and with the conviction that you will succeed.

Again, many thanks to all those of you who have helped us along the way.

Millions of NinAhugs

La odisea de aprender a comer con glucogenosis

¡Hola Guerrer@s! ¡Cuánto tiempo! Desde que estoy un poco mejor y tengo más «vida social» el blog está un poco abandonado, pero estoy segura de que lo entendéis y, además, nos vemos con más frecuencia por redes sociales 😊

Hace un tiempo os conté lo intensa y arriesgada que era mi vida antes de conocer al Dr. Derks y de ir a Holanda para seguir un tratamiento experimental para glucogenosis tipo 1b.

Ahí pudisteis ver que aparte de las hipoglucemias severas, las graves infecciones o las serias emergencias, una de las cosas que más trabajo, constancia, energía, tesón, paciencia y buen humor requería era la necesidad de aprender a comer.

Esto era muy importante para poder nutrirme como cualquier otro peque, tener una dieta más saludable, dejar algún día la sonda nasogástrica (al menos durante el día) y recibir vitaminas, proteínas, nutrientes, fibra, de manera más natural.

Sin embargo, aprender a comer con glucogenosis no es tan fácil. Por un lado, no es nada agradable tener la sonda nasogástrica. Yo ya estoy acostumbrada pero igual siempre es molesta. Por otro, incluso aquellos peques que tienen botón gástrico en el estómago y no tienen sonda también lo tienen difícil. ¿Por qué? Principalmente porque estamos siempre con la barriga llena o, al menos, con una sensación permanente de saciedad.

Como recordaréis, tenemos que tomar varias veces al día almidón de maíz (maicena) disuelta en agua que se hace una plasta en el estómago y se va disolviendo poco a poco. Cuando ya casi no queda… ¡Cataplum!… otra comida y otra toma de maicena. Al ser un carbohidrato de absorción lenta, la maicena nos da energía de forma estable durante unas tres horas y eso nos ayuda a hacer ayunos más largos y tener mejor calidad de vida… pero no ayuda para nada a tener apetito, nos quita las ganas de comer.

Ahora estoy comiendo como una campeona, disfruto de la comida, incluso a veces digo ¡Tengo hambre! (y se les saltan las lágrimas a mis padres…) pero llegar hasta aquí no ha sido nada fácil.

Hemos trabajado cada cucharada, de cada alimento, de cada comida, de cada día, de cada semana, mes y año. Ha sido un esfuerzo enorme, más aun considerando la dureza de la enfermedad (no poder dormir por las noches, el estrés de las hipoglucemias o las emergencias…) especialmente en plena pandemia. Ahora estamos super contentos de los buenos resultados. ¡Todo ha merecido la pena! 😊

 

Estamos infinitamente agradecidos a muchísima gente: a Florentine, la súper profesional que encontramos en Holanda, que nos hizo tener verdaderas esperanzas por primera vez sobre el tema de la comida, a todos los familiares, amigos, cuidadores, logopedas o personal sanitario que me han dado de comer, o lo han intentado, o nos han dado consejos útiles, o han hecho mil locuras enfrente mía para darme ánimo y fuerza. Ha sido realmente una maratón que hemos corrido en equipo.

Aprovechamos la ocasión para dejar aquí algunas recomendaciones para las familias que estén pasando ahora por este periodo. Para todas ellas ¡Mucho ánimo! No tiréis la toalla. Lo vais a conseguir campeones, cucharada a cucharada, día a día, una cosa por vez.

Recordad que no somos logopedas, ni personal sanitario, y lo mejor es que consultéis cada caso con vuestro equipo en el hospital. Sin embargo, como muchos nos habéis preguntado cómo lo hicimos, creemos que no está de más compartir nuestra experiencia, como tantos de vosotros habéis hecho con nosotros.

En fin, ahí vamos:

  • Haced de la comida un momento FORMAL… y también AGRADABLE y DIVERTIDO. Esto no es incompatible.

Es muy importante que el peque entienda que es hora de comer, o de cenar, y que eso es lo que toca. Si me hubierais visto las primeras veces… ¡Mamma mia! Aquello era intentar comer 5 minutos y luego escaparme y empezar a jugar o a hacer lo que me apetecía y mis padres corriendo detrás mía cuchara en mano… Hay que evitar eso y lo ideal es tener una trona para bebés de la que no sea tan fácil «escapar» (aunque yo a veces lo conseguía 🙂 )

También hay que ser asertivos y convincentes, de manera agradable, pero sin dejar lugar a dudas, pues hay que comer y eso no es negociable. Hay que insistir y ser constantes, pero nunca, nunca, nunca, hay que forzar al peque, ni perder la paciencia, ni que vea la frustración cuando rechaza algo. Hay que evitar a toda costa que se identifique el momento de la comida como un algo obligado o desagradable.

Para nosotros, la formalidad y la asertividad no quitan que el momento pueda ser divertido. Se puede charlar, cantar, traer algún muñeco o algún libro o que alguien más acompañe el momento «animando» …etc. También se puede ser muy creativo y, de vez en cuando, presentar la comida como en esta foto:

Recuerdo especialmente un momento mágico: en plena pandemia cientos de personas salían a los balcones a las 20:00 horas para aplaudir al personal sanitario. Mis padres planearon la cena de forma que cuando la terminara fuera justo cuando empezaban los aplausos. Así pasó, fue terminar la cena y cientos de personas empezaron a aplaudir(me)… los que más, mis padres… así que me sacaron mi habitual sonrisa y mi levantamiento de cejas… y pasé varias semanas motivadísima por la cena, siempre acabando con aplausos.

  • Intentad que los peques coman con otros niños y que otras personas os ayuden. Evitad las pantallas.

A nosotros siempre nos ha resultado muy útil que yo pudiera comer con otros niños. La verdad es que si les veía comer a ellos, me daban más ganas. No sé por qué, quizás por imitación, por sentirme parte de un grupo, porque se me abría un poco el apetito… o por todo un poco. Recuerdo que durante nuestra época en la Casa Ronald McDonald de Málaga donde había otros peques y familias que debían vivir cerca del hospital, me ayudo mucho verles comer y todo el mundo me animaba un montón.

Desde que empecé a ir a la guardería también he hecho muchos avances para comer yo sola y este verano que he estado unas semanas con mis primos que son “de muy buen comer” he progresado incluso más. En ocasiones me siguen dando de comer porque aparte de las cantidades también hay que controlar los tiempos para terminar antes de una determinada hora. A veces estoy consiguiendo comérmelo yo todo, sola, y en el tiempo justo.

Otra cosa curiosa es que cuando intentaban darme de comer otras personas que no fueran las de siempre, solía mostrar más interés. No sé si era por la novedad, porque lo hacían de otra manera o por verles más frescos, pero casi siempre ayudaba, yo estaba como más predispuesta.

Reconozco que alguna vez he comido viendo un video en el teléfono, especialmente los días que no había absolutamente ninguna forma de que comiera. Pero esto tiene sus riesgos: cada vez que veía un video en una comida, también pedía video ese día en la cena, y al día siguiente, y al otro. Empezaba a vincular la comida con los videos y sabiendo que «las pantallas» no son buenas para los peques, esto había que controlarlo. Por suerte, yo soy muy curiosa y me entretengo con casi todo así que fue fácil desconectar de éstos.

  • Probad diferentes comidas, sabores, texturas, colores.

Es importante entrenarnos el gusto y que nos acostumbremos a comer de todo. Es bueno identificar lo que más nos gusta y nos atrae, pero sin dejar de darnos de todo, y si rechazamos algo, seguid intentándolo (insistir, no forzar) en algún otro momento. Cuando algo nuevo se prueba y se admite, ese bueno seguir dándolo en otras ocasiones, hasta que se consolide que me gusta y lo acepto siempre.

  • Usad platos o recipientes pequeños, ajustados a la cantidad de comida que debe comer:

A todos nos gusta la sensación de haber conseguido algo, de haber tenido éxito. También a la hora de comer, si vemos que hemos dejado el plato vacío, nos sentimos mejor, y tenemos más ganas de conseguirlo la próxima vez. No quiero platos grandes con más comida de la que necesito para luego ver que quedan restos en el plato… quiero uno pequeñito, factible, que tenga lo que me debo comer y cuando me lo coma, que me den la enhorabuena 🙂

  • Tened un sistema, consolidad los progresos e id avanzando poco a poco en cantidad y en tiempos:

Elige 5 alimentos diferentes, por ejemplo, un trocito de: huevo cocido, de macarrón, de pescado, de aguacate y un garbanzo.

Empieza el primer día por dar un solo trocito de alguno de los alimentos cada cierto tiempo y ve anotando como reacciona. Si le das un garbanzo y lo escupe, no pasa nada, que no te vea frustrado, sin darle importancia, retira el garbanzo y apunta que no se lo ha comido. Se intentará en otro momento hasta que lo consiga y mientras tanto, se pueden ir probando otras cosas.

Si, por el contrario, se come bien el garbanzo, dile «muy bien», apúntalo, y en el siguiente intento, en otro momento, dale dos garbanzos (uno después de otro) en lugar de uno solo.

Así con todos los alimentos, hasta que vaya aumentando la cantidad poco a poco. Cuando coma cantidades considerables, si le lleva mucho tiempo comerlas (media hora, una hora), habrá que ir intentando acortar los tiempos poco a poco. Luego el peque deberá empezar a comer solo… y, en fin, a medida que crezca todo se irá haciendo más fácil.

  • No tengáis miedo a darles trozos de comida adecuados a su capacidad:

Por un tiempo, me estuvieron dando trocitos muy pequeños de comida pensando que eso podía ayudar a aprender a comer y evitar posibles atragantamientos. Sin embargo, cuando los trozos eran demasiado pequeños, se me perdían en la boca, no era consciente de lo que tenía ahí, no me resultaba fácil moverlo con la lengua o masticarlo.

Recuerdo cuando Florentine en Holanda, por primera vez, cogió un buen trozo de comida y me lo metió en la boca. No se me olvidará la cara de sorpresa de mis padres y mi abuela. Incluso yo me sorprendí y levanté las cejas, pero pronto me di cuenta de que por fin podía sentir bien la comida y que podía controlarla a mi antojo. Con dos años conseguí por primera vez comerme mi primer trocito de lasaña… Serían dos pequeños centímetros de comida, pero menuda fiesta se montó… 😊

Un paso de este tipo es importante que se haga con un profesional, o hacerlo poco a poco y con precaución. El mensaje que queremos transmitir es que el trozo de comida no debe ser ni demasiado pequeño, ni demasiado grande, hay que encontrar la justa medida.

  • Entrenad:

Cómo otros músculos del cuerpo, los que están implicados en la comida hay que ejercitarlos.

Recuerdo cuando tenía alrededor de 9 meses y empezamos a intentar introducir alimentos por boca. Unas cucharadas de potito eran todo un logro y muchas veces me tuvieron que meter los potitos por sonda…  (por aquel entonces solo nos daban jeringas de nutrición enteral muy pequeñas… mis padres aún tienen callos en los dedos… 😊)

He pasado por 4 logopedas y todos recomendaban mucha practica y entrenamiento. Algunos me metían unos artefactos de silicona en la boca. Recuerdo, en particular, uno que tenía forma de pata de pulpo… jaja… qué tentáculos… Y ahora me encanta comer pulpo, fijate.

También me masajeaban suavemente las mejillas, la mandíbula, la parte entre la barbilla y la nuez, me acariciaban los labios con la comida, o me dejaban manipular diferentes alimentos con las manos. Imaginaros, a veces acababa todo como un campo de batalla… para eso soy una guerrera ¿no?

  • Si lo veis factible, podéis espaciar las tomas de maicena un poco más:

Como decíamos antes, la maicena sacia muchísimo y los peques con glucogenosis nos sentimos siempre llenos. Si tenéis ocasión y os sentís seguros de hacerlo, en coordinación con vuestro equipo médico, podríais situar la hora de almuerzo y cena lo más lejos posible de la toma de la maicena e incluso espaciarla un poco más. Por ejemplo, si toma maicena a las 10:00 y le toca comer a las 12:45 o 13:00, en lugar de darle la comida y la maicena, se le puede dar un pequeño snack de carbohidrato que le prolongue hasta las 13:30 o 13:45… y entonces empezar la comida y después la maicena, más distanciada de la toma original de las 10:00.

Esto requiere más trabajo, atención y control, pero a nosotros nos ha ayudado hasta que hemos conseguido mejorar. Lo dejamos a vuestro juicio y al de vuestro equipo médico.

En fin, esperamos que algunas de estas técnicas os sirvan, seguramente ya conoceríais la mayoría así que la recomendación final es que sigáis intentándolo, sin desistir, y con la convicción de que lo conseguiréis. En unos meses habréis conseguido muchos avances.

De nuevo, muchísimas gracias a todos los que nos habéis ayudado por el camino.

Mucho ánimo, mucha fuerza a todos y millones de NinAbrazos.

Le mie avventure per ottenere il trattamento sperimentale di empagliflozina per GSD1b con il meraviglioso Dr Derks

Ciao Guerrer@! Pronti per una nuova storia? Allacciate le cinture perché quella di oggi è molto speciale, intensa e anche un po’ lunga… 🙂 ma volevo essere sicura di condividere tutto con voi e so che in molti lo apprezzerete.

Nel mio ultimo post sul blog Un giorno nella vita di Nina ti ho parlato della mia routine prima di viaggiare in Olanda e ricevere il trattamento sperimentale che ha migliorato così tanto la mia vita e quella della mia famiglia.

Da allora, abbiamo scritto un articolo su una rivista scientifica chiamata The Journal of Inherited Metabollic Diseases , abbiamo pubblicato un podcast nell’area di ricerca del Groningen University Medical Center , abbiamo partecipato a diversi Webinar, conferenze e lezioni universitarie insieme con il nostro amato Dottor Derks, non solo sul trattamento sperimentale ma anche sulla creazione di un sito web http://www.emergencyprotocol.net ( e relativo webinar di lancio ) che genera protocolli di emergenza per diverse malattie metaboliche, tra cui la glicogenosi.

Quasi tutto quello di cui sopra  è in inglese ma abbiamo tradotto l’articolo in spagnolo e lo lasciamo qui sotto perché serve a ricordare un pezzodella nostra storia e a raccontarvi più nel dettaglio come e’ stata l’esperienza di Groningen, quasi due anni fa ormai. Come abbiamo vinto la nostra particolare «Battaglia delle Fiandre».

Eccolo:

Giornale delle malattie metaboliche ereditarie

Editoriale: Nina «la guerriera della glicogenosi»

Mi chiamo Nina Contreras D’Agosto. Sono una bambina di due anni e mezzo, metà spagnola, metà italiana.

Sono anche conosciuta come «Nina, la guerriera di Von Gierke» e sono unica. Non solo perché convivo con la glicogenosi di tipo 1b – una malattia metabolica ereditaria ultra-rara che colpisce una persona su un milione – ma anche perché in meno di due anni di vita, e nonostante tutte le difficoltà legate alla mia salute, sono riuscita a creare un esercito di migliaia di «Warriors In Action» per dare visibilità alla glicogenosi e raccogliere fondi (stiamo arrivando a 100.000 dollari) per finanziare la ricerca sulla terapia genica per la glicogenosi attraverso il mio sito www.ninalaguerrera.org e dai miei social #ninalaguerrera .org

Ti racconto la mia storia:

Sono nata a Portogruaro, un piccolo paese vicino a Venezia, e due mesi dopo mi sono trasferita ad Alcalá la Real, un altro piccolo paese della provincia di  Jaén, per festeggiare il Natale.

A quel tempo il piano era di andare a vivere all’estero. Mia madre e mio padre sono operatori umanitari e hanno sempre lavorato in diversi paesi del mondo. L’idea era di continuare sulla stessa linea, portandomi con loro dove avrebbero portato avanti la loro prossima missione. Mi aspettava un futuro ricco di scambi e apprendimento multiculturale e in diverse lingue.

Tuttavia, le cose sono diventate più difficili di quanto ci si aspettasse. Il giorno in cui mi è stato somministrato il primo ciclo di vaccini del programma di vaccinazione spagnolo, quando avevo due mesi, ho avuto la febbre alta e convulsioni.

Siamo dovuti correre al pronto soccorso di Alcalá la Real dove hanno fatto un’analisi del sangue. Erano molto allarmati dai risultati molto negativi e ci hanno immediatamente indirizzato all’Ospedale Materno Infantile di Granada dove i medici hanno pensato che l’analisi potesse essere stata contaminata, visti i dati cosi’ incredibilmente scandalosi. Hanno ripetuto l’analisi e i risultati sono stati confermati, quindi hanno attivato un protocollo di emergenza e quella notte mi hanno fatto una radiografia, una risonanza magnetica, una puntura lombare e molti altri test piu’ poi altri nei giorni successivi.

Nessuno aveva idea di cosa si trattasse. Alcune cose erano chiare: aveva epatomegalia (il fegato era più grande del normale), neutropenia (numero di neutrofili – difese immunitarie – inferiore al normale) e diversi indicatori che indicavano una possibile infezione batterica. Altri sintomi erano: acido lattico, acido urico e lipidi elevati e ritardo della crescita (fisico ma non cognitivo).

Ci sono voluti tre mesi per ottenere una diagnosi, prima sospettata clinicamente e poi confermata attraverso un test genetico. È curioso che, nonostante io sia una su un milione (e pensó anche di piu’ visti i dati statistici reali), pochi mesi prima fosse era stata diagnosticata la stessa malattia nello stesso ospedale ma, ad ogni modo, essendo la malattia così rara, ci volettero mesi per diagnosticarla.

È stato un periodo molto difficile per i miei genitori. Vedere come alla loro prima e unica figlia di due mesi era stata diagnosticata una malattia ultrarara, cronica e molto grave è stata la cosa peggiore che avessero vissuto fino a quel momento. Tutti i piani per il futuro luminoso in giro per il mondo si infransero e iniziò una battaglia di fronte all’ignoto. Le loro vite sono cambiate per sempre e il loro mondo è crollato senza nemmeno il tempo di piangere, un lusso che non puoi permetterti quando hai a che fare con la glicogenosi di tipo 1b. Dovevano rimboccarsi subito le mani ed imparare come prendersi cura di me: qualsiasi errore poteva essere fatale e togliermi la vita.

La glicogenosi di tipo 1b è una malattia molto grave. Non sono in grado di convertire il glicogeno in glucosio e posso cadere rapidamente in una grave ipoglicemia (che può sfociare in coma, danni cerebrali o morte) poiché l’unica fonte di glucosio che ho è quella che ottengo attraverso il cibo o direttamente nel sangue attraverso un IV (intra-venosa) in caso di emergenza.

Inoltre, i miei neutrofili (parte del mio sistema immunitario) non funzionano bene e ne ho meno di quanto dovrei, quindi sono esposta a possibili infezioni e ad un certo punto della mia vita svilupperò la malattia infiammatoria intestinale (IBD, simile al morbo di Crohn). Infezioni come la gastroenterite o la stessa IBD rendono i miei livelli di glucosio nel sangue molto instabili, a volte scendono a zero e richiedono la flebo di glucosio. Oltre a tutto questo, la mancanza di controllo metabolico causata dalla malattia ha diverse altre conseguenze negative a lungo termine.

Nonostante tutte queste complicazioni, inizialmente ci è stato detto che la glicogenosi poteva essere trattata in Spagna o in Italia seguendo le corrispondenti linee guida mediche. Il trattamento si sarebbe basato su una dieta rigorosa con pasti ogni tre ore integrati con amido di mais (Amido di mais) che, essendo un carboidrato a lento assorbimento, rilascia glucosio nel sangue man mano che viene digerito per diverse ore. Inoltre, sono necessarie iniezioni giornaliere di neupogen (per aumentare il numero di neutrofili) e vitamina E (per funzionare meglio). Infine, il pentase tratta l’IBD a cui si aggiungono un lungo elenco di integratori per trattare le conseguenze della mancanza di controllo metabolico (Vitamina D, calcio, probiotici, omega 3, multivitaminici, allopurinolo… ecc.)

Tuttavia, il mio caso si è rivelato molto grave e complesso: dovevo essere nutrita ogni 40 minuti durante il giorno (quando cominciai a camminae anche ogni 25-30!) e l’alimentazione continua (per sonda con una macchina) durante la notte. Nonostante ciò, soffrivo spesso di ipoglicemia senza una spiegazione logica. Neupogen e vitamina E non mi hanno affatto salvato da infezioni pericolose, che sono state multiple causando emergenze gravi per cui ho fatto piu’ volte la corsa in ospedale, in ambulanza, anche cadendo in convulsioni e coma metabolico. Ho avuto un problema di assorbimento molto serio e anche con controlli molto severi ho avuto dunque diverse emergenze molto gravi , trascorrendo gran parte della mia breve vita in ospedale (per 10 mesi in maniera continua e per quasi due anni entrando ed uscendo ogni poche settimane).

Non ti sorprenderà sapere che gli allarmi sui telefoni dei miei genitori suonavano dozzine di volte al giorno e notte come promemoria di pasti, medicine, iniezioni, integratori … ecc. Piu’ poi c’era la macchina dell’alimentazione notturna che si inceppava, etc È stato anche interessante vedere come il loroo umore dipendesse dalla stabilità della mia glicemia e da un altro allarme: quello del sensore di glucosio, che suonava ogni volta che soffrivo di ipoglicemia. Una giornata con quasi nessuna ipoglicemia era una buona giornata e anche gli animi erano piu’ distesi, ma le giornate meno buone erano molto stressanti.

Come se non bastasse, ho dovuto lavorare molto per allenarmi a mangiare per bocca cibi solidi e fatti in casa in modo che, a un certo punto, potessi rimuovere il sondino nasogastrico. Non l’abbiamo ancora raggiunto ma io mangio già molto meglio e sono sicura che prima o poi raggiungero’ l’obiettivo.

Anche se è difficile da credere, grazie a tutti gli sforzi della famiglia e alla mia personalità forte e positiva, sono cresciuta come una bambinafelice: giocando, cantando, ridendo a crepapelle, e non ho mai avuto segni di sviluppo intellettuale tardivo ( infatti, tutto il mondo pensa che io sia molto inteligente oltre che forte :))

Per ottenere tutto ciò era necessario avere almeno due persone completamente dedicate a me 24 ore al giorno, 7 giorni alla settimana. I miei genitori erano esausti. Non solo per le cure impegnative e la situazione stressante ma anche per la mancanza di sonno e riposo adeguati a causa del dover gestire la mia ipoglicemie diurne e notturne. Entrambi hanno dovuto prendere un congedo dal lavoro per trovare il tempo e le energie necessarie per divorare le guide mediche sulla glicogenosi, per conoscere molto bene la malattia e prendersi cura di me 24/24.

All’inizio mia madre si prendeva cura di me mentre mio padre lavorava in Somalia, andando e venendo molto spesso in Spagna. Più tardi, mio ​​padre ha preso il posto di mia madre ed è rimasto con me mentre mia madre è andata a lavorare in Brasile, da dove è tornata per trascorrere alcuni giorni con noi durante il mio soggiorno in Olanda. È stata una decisione difficile non stare tutti e tre assieme, ma i miei genitori volevano assicurarsi che potessero mantenere il rapporto di lavoro con le loro organizzazioni, l’assicurazione medica e quindi essere in grado di darmi tutte le opportunità che merito ora ed in futuro.

Questo è stato possibile anche grazie al sostegno delle nostre rispettive famiglie. Mia nonna spagnola ha trascorso molto tempo con me, sostenendo i miei genitori con le mie cure, e mio nonno spagnolo ha aiutato molto con la logistica, le questioni burocratiche e qualsiasi altra cosa fosse necessaria. I miei nonni italiani ci hanno aiutato molto a distanza e non hanno mai esitato a prendere un aereo per venire a trovarmi o a recarsi Dove era necesario in Italiaper sbrigare pratiche e contatti. I miei zii, i miei cugini, i prozii, gli amici, i connazionali, tutti… ci hanno dato molto incoraggiamento. Alla fine, anche se ho la glicogenosi di tipo 1b, ho così tanto amore intorno a me che mi sento una piccolina molto fortunata.

Questo supporto ha permesso ai miei genitori di contattare i migliori esperti di glicogenosi al mondo. Hanno iniziato a parlare con altre famiglie di bambini con glicogenosi, da lì hanno contattato il coordinatore medico dell’Associazione spagnola dei pazienti di glicogenosi (AEEG, puoi diventare membri per 2,5 euro al mese su www.glucogenosis.org o anche della Associazione Italiana di Glicogenosi in Italia) che ci ha dato molto supporto nella prima fase del trattamento con una serie di procedure standard molto utili. Nel frattempo, attraverso queste persone, Internet, social network e siti Web di diverse istituzioni, abbiamo troviamo i due migliori medici della glicogenosi.

In questo senso mi sento anche molto fortunata: ci credi che ho passato il mio primo compleanno con il dottor Weinstein e il mio secondo con il dottor Terry Derks ? Forse è stata una pura coincidenza, ma mi piace vederlo come il miglior regalo che abbia mai avuto. I due non sono solo professionisti brillanti, ma anche esseri umani incredibili e gentili.

Il Dr. Weinstein è stato professore e direttore del programma Glycogenosis presso l’Università del Connecticut e ha lavorato presso il suo ospedale pediatrico. Abbiamo iniziato ad avere conversazioni virtuali e finalmente ci siamo incontrati in Spagna. Non ha esitato a venire a Granada per trascorrere con noi diverse ore del suo prezioso tempo e poi ci siamo incontrati di nuovo a Malaga, nell’ambito del Congresso Internazionale di Glicogenosi dell’AEEG. Ci ha dato dei consigli utili e mi ha regalato un orsacchiotto gigante per il mio primo compleanno.

Qualche settimana dopo, il Dr. Weinstein ha continuato ad aiutarci presentando il nostro caso al Dr. Terry Derks, e anche lui mi ha fatto un regalo molto carino per il mio secondo compleanno: un cucciolo di ceramica molto originale e colorato. Amo gli animali hehe!

Il Dr. Derks è un pediatra e consulente in medicina metabolica. Coordina il Centro di esperti per la glicogenosi epatica e lavora presso l’ospedale universitario di Groningen nei Paesi Bassi. I miei genitori hanno iniziato scambiandosi alcune e-mail e poi hanno fatto una videoconferenza. A loro è piaciuto molto il fatto che il dottor Derks abbia sempre voluto parlare guardandosi l’un l’altro, che fosse sempre molto interessato al lato umano della malattia, e il fatto che, una volta saputo del mio caso, non abbia mai smesso di sostenerci in diversi modi fino a quando non si è assicurato di potermi dare il miglior trattamento possibile.

È stata un’ottima prima impressione che alla fine è stata completamente confermata. Il Dr. Derks e il suo team lavorano sull’approccio «centrato sul paziente». Ci hanno parlato della Direttiva dell’Unione Europea 2011/24/UE sui diritti dei pazienti all’assistenza sanitaria transfrontaliera, che è servita come base legale per il mio trasferimento.

Parallelamente, i miei genitori hanno contattato MetabERN , la rete di riferimento europea per le malattie metaboliche ereditarie dell’Unione europea, il cui scopo è facilitare l’accesso al miglior trattamento possibile e la copertura dei bisogni dei pazienti con malattie metaboliche. Il coordinatore MetabERN, il professor Scarpa, un altro ottimo professionista, gentilissimo e sempre pronto ad aiutare, ha compreso molto bene la nostra complicata situazione.

Da quel momento, il dottor Derks e il suo team, i membri di MetabERN guidati dal professor Scarpa e funzionari del sistema sanitario italiano hanno fatto tutto il possibile per farmi trasferire nei Paesi Bassi. È stato un lavoro di squadra spettacolare e un eccellente esempio di assistenza sanitaria transfrontaliera nell’Unione europea . Siamo molto grati a tutti loro per gli sforzi che hanno fatto per assicurarmi il miglior trattamento possibile.

Se la mia malattia non fosse stata così rara e il mio trattamento così complesso, normalmente i medici olandesi avrebbero potuto contattare gli spagnoli per un trattamento congiunto senza dover viaggiare. Tuttavia, considerando la rarità della malattia e il fatto che avrebbe seguito un trattamento innovativo, sperimentale, non ancora ufficialmente approvato e in esecuzione in pochissimi centri a livello globale, era chiaro che avrebbe potuto farlo in sicurezza solo al Groningen University Hospital. Infatti, sconsigliamo vivamente provare a seguire questo trattamento a casa o senza il follow-up di medici esperti.

Il trattamento si è basato sulla pubblicazione di un’indagine di due scienziati che ammiriamo profondamente, Maria Veiga-da-Cunha ed Emile Van Schaftingen (Veiga-da-Cunha et al –PMID: 30626647).

Nei pazienti con glicogenosi di tipo 1b, la mutazione genetica provoca deficit di G6PC3 o G6PT, e a sua volta l’accumulo di 1,5AG6P inibisce il processo di glicolisi, che influisce negativamente sui neutrofili (parte del sistema immunitario) poiché l’energia necessaria per il loro corretto metabolismo dipende da esso. La ricerca suggerisce che l’aumento dell’escrezione renale di 1.5AG potrebbe essere un trattamento alternativo o complementare per la neutropenia (basso numero e funzionalità delle difese) in questi pazienti. Questa escrezione renale tossica di questa sostanza è facilitata da un medicinale chiamato empagliflozin (empa, nome commerciale «Jardiance») che viene normalmente utilizzato per i pazienti con diabete di tipo II, essendo l’uso per i pazienti con glicogenosi di tipo 1b un ottimo esempio di riutilizzo, per scopi diversi,di un medicinale.

Da allora il Dr. Derks e altri meravigliosi medici hanno scritto altri articoli i cui abstract possono essere trovati qui: Wartmann et al e Grünert et al . Inoltre, abbiamo partecipato con loro tre a un Webinar in cui sono stati esposti.

Inoltre, come parte del nostro supporto alla ricerca, abbiamo finanziato la pubblicazione di un altro articolo sull’efficacia e la sicurezza del trattamento con empagliflozin basato sulle esperienze di 112 pazienti. Successivamente, è stato pubblicato un altro articolo che spiega un po’ piu il trattamento.

Anche una «famiglia della glicogenosi» molto creativa ha realizzato un video esplicativo su questo trattamento (di Kathryn Pierce) e Fraser Allan ha condiviso la propria esperienza e il miglioramento in un altro video

Facciamo tutto questo con l’obiettivo che il trattamento sia il più possibile conosciuto e in modo che tutti i pazienti abbiano accesso, sempre sulla base di evidenze scientifiche.

Prima di andare in Olanda, il Dr. Derks ci ha informato sul trattamento, sui benefici attesi e sui possibili effetti controproducenti. L’Empa può causare ipoglicemia (che è esattamente ciò che voglio evitare nel mio caso) ma speravamo che i benefici dell’eliminazione dell’1.5AG fossero superiori ai possibili rischi, e ci siamo riusciti.

La preparazione del viaggio è stata molto intensa in quanto ha comportato un serio e delicato sforzo logistico e burocratico (Grazie a Viajes Acuario e al nostro amico Juanjo!). Abbiamo dovuto trasportare medicinali, cibo, accessori, attrezzature, provviste, su strada e in aereo, sia nel bagaglio da stiva che nel bagaglio a mano, rispettando la catena del freddo, e allo stesso tempo controllando continuamente i miei livelli di glucosio e della mia dieta.

 

Abbiamo viaggiato con il nostro super cugino Luis, un’infermiere dal cuore gigante, nel caso ci fosse un’emergenza sull’aereo e con la Super Abuela Lola, sempre pronta a qualsiasi battaglia.

Già in ospedale, dopo aver fatto alcune analisi per stabilire una linea di base e sapere da dove partivamo, abbiamo iniziato il trattamento con empa, adottando varie misure precauzionali e controlli di sicurezza. Ad esempio, abbiamo misurato la quantità di glucosio che è stata persa attraverso l’urina per assicurarci che fossero livelli accettabili. Abbiamo anche iniziato con basse dosi di empa che abbiamo gradualmente aumentato e abbiamo avuto un piano di emergenza nel caso le cose non fossero andate come previsto.

C’è stata una cosa che ci ha lasciato molto soddisfatti: il dottor Derks ha misurato la quantità di glucosio che i miei genitori mi davano giornalmente attraverso il cibo prima di andare in Olanda e si è scoperto che mi davano esattamente la quantità di cui un piccolo come me aveva bisogno. Questo non è facile perché molte volte possiamo essere sovraccaricati o dati meno di ciò di cui abbiamo bisogno, quindi hanno attuato con un occhio molto fine.. bravi mamma e papa, siete i miei due guerrieri top!

Dopo alcune settimane, abbiamo iniziato a notare che l’empa stava facendo il suo lavoro. Ha ridotto la quantità di 1.5AG e migliorato sia il numero che la funzionalità dei miei neutrofili. Una meravigliosa conseguenza fu che i miei problemi di assorbimento del cibo iniziarono a scomparire poiché eliminando la tossina generata dall’1,5AG i miei neutrofili erano » più in forma» per combattere i batteri «cattivi» che potrebbero essere nel mio sistema digestivo. Sono stata finalmente in grado di tollerare l’amido di mais, che mi ha aiutato ad avere periodi di digiuno più lunghi.

È interessante notare che questo trattamento di solito funziona molto bene nei casi più gravi. Molti di questi sono così gravi perché hanno molta tossina accumulata e quando viene eliminata, i pazienti sperimentano un miglioramento proporzionalmente maggiore rispetto ai casi più lievi. In ogni caso, la buona notizia è che fa bene quasi a tutti e che per ora sembra che non ci siano effetti controproducenti, soprattutto nei bambini. Tuttavia, devi sempre essere molto attento e osservare come si evolvono alcuni organi, come i reni.

A quel punto, avevamo diverse opzioni: consumare pasti seguiti da amido di mais per tutto il giorno (circa 6-8 pasti in 24 ore) o consumare questi pasti solo durante il giorno e collegarsi all’alimentazione continua durante la notte. Avevamo anche la possibilità di impostare orari fissi per consumare questi pasti ogni giorno o semplicemente mangiarli quando i livelli di glucosio iniziavano a scendere, erano intorno ai 72 mg/dl e tendevano a continuare a scendere.

Da oggi siamo tornati a casa e sto molto meglio. I miei livelli di glucosio nel sangue sono più stabili, «solo» assumo cibo ogni tre ore e maizena ogni quattro (anche se purtroppo arrivo a malapena alle 3 ore da un po’ a questa parte)il mio sistema immunitario è più forte, mangio meglio i cibi solidi per bocca, sono cresciuta di qualche centimetro e ho perso un po’ di peso (una cosa buona, considerando che ero in sovrappeso). Non sono ancora riuscita a fermare le punture giornaliere di neupogen per continuare ad aumentare il numero di difese ma se tutto va bene, speriamo che un giorno sia possibile fermarle o ridurne la frequenza.

Ogni tanto abbiamo ancora giorni difficili – a volte dal nulla arrivano momenti in cui ho bisogno di più cibo per rimanere stabile e i miei livelli di glucosio scendono molto più velocemente. Ci sono infinite possibili ragioni dietro questi episodi: scatti di crescita, denti che escono, un virus o battere, un’infezione, persino un incubo o una scarica di energia dopo una giornata in cui sei stato molto attivo. Possono volerci diversi giorni per sapere cosa sta succedendo e la maggior parte delle volte non lo sappiamo mai con certezza o potrebbe essere che accadano più cose contemporaneamente.

Ci limitiamo a superarlo, a poco a poco, sperando che non duri a lungo, preparandoci ad un eventuale ricovero d’ urgenza ma anche facendo del nostro meglio per evitare che l’ospedale sia fonte di possibili infezioni. In ogni caso, questi periodi più delicati sono anche più sopportabili dal nuovo trattamento.

La glicogenosi di tipo 1b è ancora una malattia molto dura , ma almeno abbiamo migliorato molto la nostra situazione. Spero che crescendo le cose diventino più facili e forse tra qualche anno sarò in grado di ricevere la terapia genica di cui stiamo supportando la ricerca .

Guardando il lato positivo, devo dire che questa malattia mi ha dato l’opportunità di incontrare molte persone meravigliose e vivere un’esperienza incredibile al Groningen University Hospital, dove ci siamo sentiti accolti, capiti e ascoltati.

L’equipe medica ci ha visitato ogni giorno, abbiamo avuto diversi incontri con loro, la nostra opinione non solo è stata apprezzata ma anche presa in considerazione quando si prendevano decisioni sul trattamento. Un buon esempio è stato un incontro multidisciplinare a cui è stato invitato mio padre e al quale hanno partecipato medici, nutrizionisti, infermieri, psicologi, logopedisti, pedagoghi, dandoci un’ottima opportunità per continuare a imparare e sentirci al sicuro.

Durante la mia permanenza in ospedale, non solo la mia salute è migliorata molto, ma ho anche avuto l’opportunità di festeggiare il mio secondo compleanno con il meraviglioso team di professionisti sanitari. Ho imparato alcune parole in olandese e ho incontrato altri pazienti con glicogenosi.

Come se non bastasse, ho partecipato insieme al Dr. Derks ad una lezione/conferenza per studenti di medicina chiamata “Intervista con il paziente” che è stata un’esperienza indimenticabile. Gli studenti hanno dovuto scoprire la mia malattia ponendoci delle domande e abbiamo avuto l’opportunità di condividere molte cose, non solo mediche ma anche personali. Ci hanno chiesto un nostro consiglio e noi umilmente consigliamo di dare sempre grande importanza alla parte umana (e non solo medica) della storia dei pazienti.

Ancora una volta, mi sono sentito molto fortunata, nonostante tutte le difficoltà. Durante tutte quelle settimane ho avuto modo di riflettere e a volte mi sono chiesta: cosa accadrà a quei pazienti con glicogenosi di tipo 1b i cui genitori non parlano altre lingue, non possono stabilire nuovi contatti, o non hanno il tempo o le risorse che i miei genitori hanno trovato? Non possono andare in Olanda?

Mi piacerebbe che anche altri pazienti con glicogenosi 1b potessero essere fortunati e avere accesso alle migliori cure mediche possibili. In questo momento è ancora un po’ difficile, ci vuole tempo per implementare nuovi trattamenti e prima che sia resa disponibile in modo esteso, ma speriamo che accada il prima possibile e sosterremo questo progetto attraverso la nostra causa su www.ninalaguerrera.org con cui già sosteniamo la ricerca sulla terapia genica presso l’Università del Connecticut.

Abbiamo sempre creduto nella scienza e nella ricerca e pensiamo che la nostra storia sia una prova di come queste, insieme a formidabili team di professionisti sanitari, possano migliorare la vita delle persone.

Per concludere, vorrei dire che non ho parole per esprimere la nostra infinita gratitudine a tutte le persone e istituzioni che hanno partecipato a questo processo e a tutti i nostri «Warriors In Action» che tanto sostengono la ricerca.

Come dicono spesso mia madre e mio padre: «Finalmente possiamo goderci nostra figlia come famiglia e siamo passati dal sentirci come i badanti di Nina a sentirci davvero come i suoi genitori».

Milioni di NinAbbracci.

 

My adventures to get the GSD1b empagliflozin off-label treatment with wonderful Dr Derks

Hello Warriors! Ready for a new adventure? Fasten your seatbelts because todays’ story is a very special, intense and also a loooong one… 🙂 I just wanted to be sure I could share everything with you guys and I know you appreciate getting the details.

In my last entry in the blog One day in Nina’s life I told you how my routine was before travelling to the Netherlands and get the off-label treatment with empagliflozin which dramatically improved my life and that of my family.

Since then, we have written an article in the Journal of Inherited Metabolic Disease, we have published a podcast in the University Medical Center of Groningen’s area of research, we have participated as panelists in several webinars, conferences, lectures, together with our dearest Doctor Derks, not only about the off-label treatment with empa but also about the set-up of an internet platform www.emergencyprotocol.net  (and its presentation webinar) which generates tailored emergency letters for some metabolic diseases’ patients, including GSD.

Today we are sharing an extended version of the article published in JIMD which offers a more detailed account of everything. Here we go:

Nina, Glycogen Storage Disease Warrior (Extended version)

My name is Nina Contreras D’Agosto. I am a half-Spanish half-Italian two-year old baby girl.

I am also known as Nina, the Von Gierke’s Warrior, and I am unique. Not only because I live with Glycogen Storage Disease (GSD) type 1b – an inherited metabolic condition which affects one out of one million people – but also because in less than two years of life, and despite all my health-related challenges, I have been able to raise an army of thousands of “Warriors In Action” to promote awareness about my disease and to raise funds (around 100.000 USD) to support GSD 1b gene therapy research, through my website www.ninalaguerrera.org and social networks #ninalaguerrera.org

Let me tell you my story:

I was born in Portogruaro a small town near Venice (Italy) and two months later I moved to Alcalá la Real another small town near Granada (Spain) to celebrate Christmas.

At that time, the plan was to move abroad. My parents are both humanitarian workers and they have always worked in different countries around the world. The idea was to continue in the same line taking me with them to their next duty station. A future made of multi-cultural and pluri-language exchanges and experiences was waiting for me.

However, things turned out to be more difficult than initially expected. The day I got the first round of vaccinations according to the Spanish vaccinating calendar, when I was two months old, I had high fever and seizures. We had to run to the Emergency Room in Alcalá la Real, where they did a blood work. They were so alarmed about the results that we were immediately referred to a bigger Hospital in Granada where doctors thought there had to be a mistake and repeated the tests. Again, the results were awful, so they activated an emergency protocol and I went through X-ray, ultrasounds, spinal tap and many other tests, that same night and the following days.

They had no idea what it was. It was clear that I had hepatomegaly since my liver was enlarged, neutropenia given that my neutrophils count was lower than it should be and a very high CRP pointing to a suspected bacterial infection. Other symptoms were lactic acidemia, hyperlipidemia, hyperuricemia and growth retardation. Still, it took three months to get an official diagnose, first it was clinically suspected, and later on confirmed through a genetic test.

It was an extremely hard time for my parents. Having their first and only 2-months old baby girl diagnosed with an ultra-rare, chronic and very serious disease was the worst thing they had ever experienced. All the plans for a bright future abroad were over and a huge battle in the dark against something unknown started. Their lives were changed forever and their whole world crumbled without even time for mourning, a luxury you cannot afford with GSD type 1b. They needed to get hands-on immediately to learn and to provide daily care since an error could be fatal and kill me.

GSD 1b is a very challenging disease. I am not able to convert glycogen into glucose and I can quickly go into severe hypoglycemia (which can lead to coma, brain damage or death) since my only source of glucose is the one that I receive either from food or directly in blood through an IV. My neutrophils count and functionality is lower than it should be so I am prone to recurrent infections and inflammatory bowel disease (IBD, Crohn-like disease) will be developed at some point in my life. Infections such as gastroenteritis and the IBD make GSD 1b patients’ blood sugars very instable, sometimes going down to zero and needing an IV to avoid death. On the top of all that, the lack of proper metabolic control has many other negative consequences.

Despite all these challenges, initially we were told that GSD 1b could be treated in our countries following the existing guidelines. A diet with meals every three hours supported by cornstarch (a slow-absorption carbohydrate which helps having more stable blood sugars during longer periods), daily shots of neupogen to increase the neutrophils count and vitamin E to improve its functionality, pentasa to treat the IBD and a long list of medicines (vitamin D, iron, calcium, probiotics, omega 3, multivitamins…etc) to address the consequences of the lack of proper metabolic control, could be enough to survive and be somehow stable.

However, my case turned out to be a very severe and complex one: I had to be fed every 40 minutes during the day and with continuous feeding during the night. Despite this very demanding feeding schedule, I was often suffering unexplained hypoglycemia. Neupogen and vitamin E did not prevent several serious infections. I had a very important absorption problem and even with strict monitoring, I went through unpredictable emergency situations in which I had seizures, one coma, and needed IVs, spending most of my short life admitted in hospitals.

You would not be surprised if I told you that my parents’ phones alarms used to ring dozens of times during day and night as a reminder of feedings, medicines, shots, supplements…etc. It was also interesting how my parents’ mood could depend on the stability of my blood sugars and on another alarm, the one of the continuous glucose monitoring device (CGMD) which rang when I went down into hypoglycemia. No alarms and no red-colored numbers in the CGMD kept all of us happy. The opposite, honestly, was very stressful; no matter how used we were to it.

If that was not enough, a lot of work had to be done to train me to eat home-made food through mouth so that, at some point, I could get rid of the NG tube and eat solid and regular food. I am still struggling with it but I know at some point I will get there.

Even if it is hard to believe, thanks to my family efforts and my strong and positive spirit, I grew up as a very happy little baby, playing, singing, laughing, and there was never any sign of intellectual growth retardation (actually everybody says I am very smart).

In order to achieve that, I needed at least two people fully dedicated to my care 24/7. My parents were exhausted; not only because of the demanding treatment and the stressing situation but also due to the deprivation of sleep and proper rest at night, while managing my hypoglycemia. They had to request extended unpaid leaves at their jobs to find the time and energy to devour GSD guidelines to know the disease and take care of me.

In the beginning, my mum was taking care of me while my dad was working in Somalia, coming back and forth to Spain very often. After a while, my dad took over, he stayed with me while my mum went to work to Brazil from where she came to The Netherlands to spend a few days with us during my hospital stay there. It was a tough decision to take, not to be altogether all the time during this challenging period. However, my parents wanted to make sure that they both kept their professional links to their organizations so that they can give me all the opportunities I deserve in the future.

This was possible thanks to the support of the extended family. My Spanish Grandma spent with me plenty of time, supporting my parents, and my Grandpa helped very much with logistics and bureaucracy. My Italian Grandparents supported a lot from the distance and never hesitated to take a flight to come and see me or to travel to Udine for paperwork and networking. My aunties and uncles were also very supportive. In the end, even if I have GSD 1b, I have so much love around me that I am a very lucky baby, right?

All this support also allowed my parents to find the time to get in touch with the best GSD experts in the world. First, they got in contact through internet with some families whose kids were also suffering GSD, then they reached the Medical Coordinator of the Spanish Association of GSD patients (AEEG) who supported us in the first stages of the treatment explaining the standard procedures. In the meantime, through these people and through the internet (hospital websites and social networks) they found out and contacted the two best GSD doctors in the world.

I was also very lucky in this regard: can you believe I spent my first birthday with Doctor David Weinstein and the second one with Doctor Terry Derks? Maybe it was pure coincidence but I like seeing it as the best possible presents I could ever have. They are both not only excellent and brilliant professionals but also very beautiful and kind human beings.

 

Doctor Weinstein was Professor and Director at the GSD Programme in the University of Connecticut and Children’s Medical Center. We started having contact online and then we met in Spain. First, he did not hesitate to come to Granada and see us during several hours of his precious time and then we met in Malaga in the framework of the AEEG GSD Conference. He gave us plenty of very useful advice and he even offered me a huge teddy bear as a present for my first birthday.

A few weeks later, Doctor Weinstein was also very supportive introducing my case to Doctor Terry Derks who also offered me a very nice present for my second birthday: a very nice and colorful ceramic piggy bank with the shape of a dog. I love animals!

Doctor Derks is a pediatrician consultant on metabolic medicine who coordinates the Center of Expertise for liver GSD and works in the University Medical Center in Groningen (UMCG) in The Netherlands. My parents exchanged a couple of emails and after that they had a videoconference with him. They liked very much that Doctor Derks really wanted to talk seeing each other faces, that he was very interested about the human part of the disease and the fact that, once he knew about Nina’s case, he never stopped supporting us until making sure she received a proper treatment.

It was a very good first impression which could not be more accurate. Doctor Derks and his team implement the centrality of the patient approach at its best. My parents were convinced that they had to treat me and they informed us about the European Union Directive 2011/24/EU on patients’ rights in cross-border healthcare.

In parallel, my parents also contacted MetabERN, the European Reference Network for Hereditary Metabolic Disorders established by the European Union to facilitate access to the best available care and address the needs of metabolic diseases’ patients. MetabERN’s Coordinator, Professor Scarpa, another excellent professional, very kind and supportive, understood very well our challenging situation.

Since then, Doctor Derks and his team, MetabERN members led by Professor Scarpa and some members of the Italian Health authorities did their best to get me referred to the UMCG. It was an amazing teamwork and an excellent example of cross-border health care within the European Union. We are extremely thankful to all of them for all the genuine efforts they did to ensure that I could get the best possible treatment.

In a more common disease with a less complex treatment, Doctors in The Netherlands would have coordinated with Doctors in Spain for a joint treatment in my country. However, considering the challenges linked to GSD 1b and the fact that I was about to follow a new, very innovative, experimental and off-label treatment (which, at that stage, was implemented in only few centers) I could only do this safely at UMCG. Actually, I strongly advise not to try this treatment at home and neither to try it without very good experts’ advice and monitoring.

The treatment was based on a recent publication (Veiga-da-Cunha et al –PMID: 30626647). In GSD 1b patients, with G6PC3 or G6PT deficiency, the accumulation of 1,5AG6P inhibits glycolysis, something which affect negatively neutrophils since their energy metabolism depends upon it. Therefore, the research suggests that increasing the renal excretion of 1.5AG could be an alternative or complementary treatment of neutropenia in GSD 1b patients. This renal excretion is facilitated by an existing drug called empagliflozin («empa» – brand name: Jardiance) which is normally used for diabetes type II and the use for GSD 1b is a very good example of drug repurposing.

Since then, other articles have been published by Doctor Derks and other wonderful Doctors which abstracts you can find through these links: Wartmann et al and Grünert et al

We also had the opportunity to participate with these three outstanding Doctors in this GSD1b webinar.

In the framework of the support we provide to research, we funded the open publication of another article about the efficacy and safety of the empagliflozin treatment based on 112 patients’ experiences. After that, one more article was published further explaining the treatment.

Even a GSD family had the wonderful idea and creativity to make this explanatory video  by Kathryn Pierce while Fraser Allan told his story being treated with empa as well. 

We have been doing all this so that the treatment is better known and so that all patients can have access to it, always based on evidence and science.

But let’s go back to our adventure:

Before going to The Netherlands Doctor Derks informed us about the treatment, its expected benefits and its relative contraindications. The empa can produce hypoglycemia (which is actually what we wanted to avoid in my case) but we were expecting and hoping that the benefits of getting rid of the 1,5AG would outweigh this risks, so we went for it.

The preparation of the trip was very intense since it meant a huge logistic and bureaucratic effort, quite demanding and sensitive. We had to have with us all the time the medicines, food, supplements, equipments, supplies, by road and by plane, both in the checked-in and hand luggage, respecting the cold chain and, at the same time, controlling Nina’s blood sugars stability.

 

We travelled with our super cousin Luis, a nurse with a huge heart, in case there would be an emergency, and with Super Grandma Lola, since extra support was needed 🙂

Once at the UMCG, following some blood works to establish a baseline, we started the treatment with empa, taking several measures and controls to ensure safety. For instance, we were measuring the amount of glucose that I was losing through urine to make sure that the levels were safe. We also started with a low dose of empa that we increased little by little and we had a contingency plan in case things would not go as good as expected.

After a few weeks, we could notice that the empa was doing its job. It reduced the amount of 1,5AG and improved my neutrophils count and, more important, their functionality. As a wonderful consequence, my absorption problem started disappearing since my neutrophils were in a better position to fight the potential bacteria in my digestive system. Finally, I was able to tolerate cornstarch something which helped me to have much longer fasting periods.

At that stage, we had different options: to have meals followed by cornstarch during the whole day (approximately 6 to 8 meals in 24 hours) or to have these meals during day time (3 to 4 meals) and continuous feeding during the night. It was also possible to establish a schedule so that these meals were given at specific times everyday or to go for an anticipatory dietary approach and basically feed me whenever my blood sugars were down to around 72 mg/dL or 4 mmol/L.

Today, we are back home and I am doing much better. My blood sugars are more stable, we chose the dietary anticipatory approach and my meals take place every three to four hours (with a little snack in between), my immune system is strengthened, I eat a little bit better by mouth, I have grown up a few centimeters, I have lost some weight (a positive thing considering I had overweight), etc.

Once in a while I still have some difficult days: sometimes, out of the blue, I need more feedings to remain stable and my blood sugars drop faster. There are endless possible reasons behind these episodes: growth spurts, teeth coming out, a virus, a bacteria, an infection, even a nightmare or a “hangover” after a day in which I was really active. It can take us a few days to know what is going on and sometimes we never know what really happened. We just go through it, hoping it will not last long, getting ready for a possible emergency but also trying our best to avoid a hospital stay. In any case, these periods are also much less challenging than they used to be before the new treatment when I had to be fed every forty minutes.

GSD 1b remains a very challenging disease but, at least, we have improved a lot our situation. Hopefully, as I grow up things will get even easier and maybe after some years I will be in a position to receive the gene therapy which research we are supporting.

Looking at the bright side, I must say that this disease has given me the chance to meet a lot of wonderful people and to have a beautiful experience at UMCG where we felt welcomed, understood and listened to. The medical team came visit us everyday, we had several meetings with them, our opinion was not only appreciated but also integrated as part of the way forward. As an illustrative example, there was a very interesting multidisciplinary meeting to which my father was invited where doctors, dieticians, nurses, a psychologist, pedagogic employees and a speech therapist participated, giving us an excellent opportunity to continue learning and feeling reassured.

During my hospital stay not only my health dramatically improved, but I also had the chance to celebrate my second birthday with the outstanding hospital team, I learned some Dutch words and I met other GSD 1b patients and families.

On the top of that, I participated together with Doctor Derks in a lecture for first-year medical students called “an interview with the patient” which was an amazing experience.  Students had to find out my disease by asking us questions so we had the chance to share a lot of things with them, not only medical but also personal. We were given the opportunity to provide a piece of advice and we humbly suggested that they should always give utmost importance to the human part of the patients’ stories.

Again, for all this, I feel lucky, despite all the challenges. During my hospital stay I had time to reflect and sometimes I wondered: what will happen with those GSD1b patients whose parents do not speak languages, cannot establish networks or do not have the time and resources that my parents had to find the support to take me to UMCG?

I would love that other GSD1b patients with similar challenges could get lucky as well and have access to the best possible health care for their respective cases. At this stage, it is challenging and it takes time to implement the new treatment and to build the scientific evidence before it gets available to most patients but we will hopefully get there as soon as possible and we will try to start supporting initiatives in this sense through www.ninalaguerrera.org Please do not hesitate to visit our website and social networks if you wish to collaborate.

We have always believed in research and science and we think that our story is a good example of how an amazing team of researchers together with an awesome medical team can dramatically improve the life of many people.

To conclude I would like to say that we have no words to express our endless gratitude to every person and institution implied along this process. As my parents would put it: “We can just affirm that thanks to them we are finally able to enjoy our daughter as a family and we have gone from feeling like Nina’s caregivers to truly becoming Nina’s parents”.

Plenty of Nina Hugs!

 

Mis aventuras en Holanda con el Dr Derks: el tratamiento experimental con empagliflozina para glucogenosis tipo 1b

¡Hola Guerrer@s! ¿Listos para una nueva historia? Abrocharos los cinturones porque la de hoy es muy especial, intensa y también un poco larga… 🙂 pero es que quería estar segura de compartirlo todo con vosotr@s y sé que muchos lo apreciaréis.

En mi ultima entrada en el blog Un día en la vida de Nina os contaba como era mi rutina antes de viajar a Holanda y recibir el tratamiento experimental que tanto mejoró mi vida y la de mi familia.

Desde entonces, hemos escrito un artículo en una revista cientifica llamada The Journal of Inherited Metabollic Diseases (El Diario de las Enfermedades Metabólicas Heredadas), hemos publicado un podcast en el área de investigación del Centro Médico Universitario de Groningen, hemos participado en varios Seminarios Web, conferencias y clases universitarias junto con nuestro queridísimo Doctor Derks, no sólo sobre el tratamiento experimental sino tambien sobre la creación de una web http://www.emergencyprotocol.net  (y su webinar de lanzamiento) que genera protocolos de emergencia para diferentes enfermedades metabólicas, entre ellas, la glucogenosis.

Casí todo esto está en inglés pero hemos traducido el artículo a español y os lo dejamos a continuación pues sirve para recordaros parte del principio de nuestra historia y contaros con más detalle cómo fue todo en Groningen, hace ya un año. Cómo ganamos nuestra particular «Batalla de Flandes».

Ahi va:

Diario de Enfermedades Metabólicas Heredadas

Editorial: Nina «la guerrera de la glucogenosis»

Me llamo Nina Contreras D’Agosto. Soy una peque de dos años y medio, medio española, medio italiana.

También se me conoce como “Nina, la Guerrera de Von Gierke” y soy única. No sólo porque convivo con glucogenosis tipo 1b – una enfermedad metabólica hereditaria que afecta a una persona entre un millón – sino también porque en menos de dos años de vida, y a pesar de todos las dificultades relacionadas con mi salud, he sido capaz de crear un ejército de miles de “Guerrer@s En Acción” para dar visibilidad a la glucogenosis y recaudar fondos (vamos camino de los 100.000 $) para financiar la investigación sobre la terapia génica para glucogenosis a través de mi página web www.ninalaguerrera.org y de mis redes sociales #ninalaguerrera.org

Permitidme que os cuente mi historia:

Nací en Portogruaro, una pequeña ciudad cerca de Venecia, y dos meses más tarde me mudé a Alcalá la Real, otra pequeña ciudad de Jaén, para celebrar la Navidad.

En aquel momento el plan era irnos a vivir al extranjero. Mi madre y mi padre son trabajadores humanitarios y siempre han trabajado en diferentes países alrededor del mundo. La idea era continuar en la misma línea, llevándome con ellos donde les dieran su siguiente puesto de trabajo. Un futuro lleno de intercambios y aprendizajes multiculturales y en diferentes idiomas me estaba esperando.

Sin embargo, las cosas se volvieron más difíciles de lo que esperábamos. El día que me pusieron la primera ronda de vacunas del calendario de vacunación español, cuando tenía dos meses, me dio una fiebre alta y tuve convulsiones.

Tuvimos que correr a urgencias en Alcalá la Real donde me hicieron una analítica. Se alarmaron mucho por los resultados tan negativos y nos refirieron inmediatamente al Hospital Materno Infantil de Granada donde los médicos pensaron que la analítica podría estar contaminada, dados los datos tan escandalosos. Repitieron la analítica y los resultados se confirmaron así que activaron un protocolo de emergencia y me hicieron una radiografía, una resonancia, una  punción lumbar y otras muchas pruebas tanto esa noche como los días posteriores.

Nadie tenía ni idea de qué se podía tratar. Algunas cosas estaban claras: tenía hepatomegalia (el hígado más grande de lo normal), neutropenia (número de neutrófilos –“defensas”- más bajo de lo normal) y varios indicadores que apuntaban a una posible infección bacteriana. Otros síntomas fueron: ácido láctico, ácido úrico y lípidos altos y retraso en el crecimiento (a nivel físico pero no a nivel cognitivo).

Nos llevó tres meses obtener un diagnóstico, primero se sospechó a nivel clínico y después fue confirmado a través de un test genético. Es curioso que a pesar de que somos una entre un millón, unos meses antes habían diagnosticado a otra niña de la misma enfermedad en el mismo hospital pero, aún así, siendo tan rara la enfermedad, tardaron meses en diagnosticarla.

Fue un momento durísimo para mis padres. Ver como su primera y única hija de dos meses era diagnosticada con una enfermedad ultra-rara, crónica y muy grave fue lo peor que habían vivido hasta ese momento. Todos los planes de un futuro brillante alrededor del mundo se desvanecieron y una batalla en la oscuridad frente a lo desconocido comenzaba. Sus vidas cambiaron para siempre y su mundo se derrumbó sin ni siquiera tiempo para el duelo, un lujo que no te puedes permitir cuando lidias con glucogenosis tipo 1b. Tuvieron que ponerse manos a la obra de inmediato para aprender y cuidarme: cualquier error podía ser fatal y quitarme la vida.

La glucogenosis tipo 1b es una enfermedad muy grave. No soy capaz de convertir el glucógeno en glucosa y puedo caer rápidamente en una hipoglucemia severa (que puede terminar en un coma, en daño cerebral o en muerte) dado que la única fuente de glucosa que tengo es la que recibo a través de la comida o directamente en sangre a través de una vía intravenosa en caso de emergencia.

Además, mis neutrófilos (parte de mi sistema inmunitario) no funcionan bien y tengo menos de los que debería así que estoy expuesta a posibles infecciones y en algún momento de mi vida me llegará la Enfermedad Inflamatoria Intestinal (EII, similar a la enfermedad de Crohn). Infecciones tales como una gastroenteritis o la misma EII hacen que mis niveles de glucosa en sangre sean muy inestables, a veces bajando hasta cero y necesitando la vía intravenosa. Aparte de todo esto, el descontrol metabólico que genera la enfermedad tiene otras varias consecuencias negativas a largo plazo.

A pesar de todas estas complicaciones, al principio se nos dijo que la glucogenosis se podía tratar en España o en Italia siguiendo las guías médicas correspondientes. El tratamiento estaría basado en una estricta dieta con comidas cada tres horas complementadas con almidón de maíz (Maicena) que al ser un carbohidrato de absorción lenta aporta glucosa en sangre poco a poco a medida que es digerido durante varias horas. Además, se necesitan inyecciones diarias de neupogen (para aumentar el número de neutrófilos) y vitamina E (para que funcionen mejor). Por último, la pentasa trata la EII y añadimos una larga lista de complementos para tratar las consecuencias del descontrol metabólico (Vitamina D, calcio, probióticos, omega 3, multivitamínicos, alopurinol…etc.)

Sin embargo, mi caso resultó ser muy severo y complejo: me tenían que alimentar cada 40 minutos durante el día y con alimentación continua por la noche. A pesar de eso, a menudo sufría hipoglucemias sin explicación lógica. El neupogen y la vitamina E no me salvaron de infecciones peligrosas. Tenía un problema muy serio de absorción e incluso con controles muy estrictos, tuve varias emergencias muy serias, pasando la mayor parte de mi corta vida en el hospital.

Así las cosas, no os sorprenderá saber que las alarmas de los teléfonos de mis padres sonaban decenas de veces al día como recordatorios de comidas, medicinas, inyecciones, suplementos…etc. También era interesante ver como su estado anímico dependía de la estabilidad de mi glucosa en sangre y de otra alarma: la del aparato de medición continua de glucosa y su respectivo sensor, que sonaba cada vez que sufría una hipoglucemia. Un día sin apenas hipoglucemias era un buen día pero los días no tan buenos eran muy estresantes.

Por si esto no fuera suficiente, había que trabajar muchísimo para entrenarme a comer por boca comida sólida y casera para que, en algún momento, pudiera quitarme la sonda nasogástrica. Aún no lo hemos conseguido pero ya como mucho mejor y seguro que tarde o temprano lograremos nuestra meta.

Aunque sea difícil de creer, gracias a todos los esfuerzos familiares y a mi fuerte y positiva personalidad, he crecido como una bebé muy feliz: jugando, cantando, riéndome a carcajadas, y nunca he tenido ninguna muestra de desarrollo intelectual tardío (de hecho, todo el mundo piensa que soy muy lista 🙂 )

Para conseguir todo eso, fue necesario tener al menos dos personas completamente dedicadas a mi 24 horas al día, 7 días a la semana. Mis padres estaban agotados. No sólo por el tratamiento tan exigente y la situación tan estresante sino también por la falta de sueño y descanso adecuados al tener que gestionar mis hipoglucemias nocturnas. Los dos tuvieron que pedir excedencias en sus trabajos para encontrar el tiempo y la energía necesaria para devorar las guías médicas de glucogenosis, para conocer muy bien la enfermedad y cuidarme mejor.

En un principio, mi mama se ocupó de mis cuidados mientras mi papá estaba trabajando en Somalia, yendo y viniendo con mucha frecuencia a España. Después, mi papá tomó el relevo y se quedó conmigo mientras que mi mamá se fue a trabajar a Brasil, desde donde volvió para pasar unos dias con nosotros durante mi estancia en Holanda. Fue una decisión dura no estar los tres juntos todo el tiempo pero mis padres querían asegurarse de que podían mantener la relación laboral con sus organizaciones y así poder darme todas las oportunidades que merezco en un futuro.

Esto fue posible gracias también al apoyo de nuestras respectivas familias. Mi abuela española pasó muchísimo tiempo conmigo, apoyando a mis padres con mis cuidados, y mi abuelo español ayudó muchísimo con temas logísticos, burocráticos y cualquier otra cosa que hiciera falta. Mis abuelos italianos nos ayudaron un montón desde la distancia y nunca dudaron en coger un avión para venir a verme o viajar a Udine para hacer papeleos y contactos. Mis tíos, mis primos, tíos-abuelos, amigos, paisanos, todos… nos dieron mucho ánimo. Al final, incluso si tengo glucogenosis tipo 1b, gozo de tanto amor a mí alrededor que me siento una peque muy afortunada.

Este apoyo permitió a mis padres disponer de algo de tiempo para contactar a los mejores expertos en glucogenosis del mundo. Empezaron hablando con otras familias de peques con glucogenosis, de ahí pasaron a contactar a la Coordinadora Médico de la Asociación Española de Enfermos de Glucogenosis (AEEG, podéis haceros socios por 2,5 euros al mes en www.glucogenosis.org) que nos dio mucho apoyo en la primera fase del tratamiento con una serie de procedimientos estándar muy útiles. Mientras tanto, a través de estas personas, Internet, redes sociales y páginas webs de diferentes instituciones, encontramos a los dos mejores doctores de glucogenosis.

En este sentido también me siento muy afortunada: ¿Os podéis creer que pasé mi primer cumpleaños con el Doctor Weinstein y el segundo con el Doctor Terry Derks? Quizás fue pura coincidencia pero a mi me gusta verlo como los mejores regalos que haya podido tener. Los dos son no solo brillantes profesionales sino también lindos y amables seres humanos.

El Doctor Weinstein era Profesor y Director del Programa de Glucogenosis en la Universidad de Connecticut y trabajaba en su hospital pediátrico. Empezamos teniendo conversaciones virtuales y finalmente nos conocimos en España. No dudó en venir a Granada para pasar con nosotros varias horas de su valioso tiempo y después nos encontramos de nuevo en Málaga, en el marco del  Congreso Internacional de Glucogenosis de la AEEG. Nos dio consejos muy útiles y me regaló un osito de peluche gigante para mi primer cumpleaños.

Unas semanas después, el Doctor Weinstein siguió ayudándonos presentando nuestro caso al Doctor Terry Derks quién también me ofreció un regalo muy bonito para mi segundo cumple: un perrito de cerámica muy original y colorido. ¡Me encantan los animales!

El Dr. Derks es pediatra y consultor en medicina metabólica. Coordina el Centro Experto en Glucogenosis Hepáticas y trabaja en el Hospital Universitario de Groningen en Holanda. Mis padres empezaron intercambiando algunos correos electrónicos y luego tuvieron una videoconferencia. Les gustó mucho el hecho de que el Dr. Derks siempre quería hablar viéndonos las caras, que siempre se interesaba mucho por la parte humana de la enfermedad y el hecho de que, una vez que tuvo conocimiento mi caso, nunca paró de apoyarnos de diferentes maneras hasta que se aseguró que podía darme el mejor tratamiento posible.

Fue una muy buena primera impresión que a la postre se confirmó completamente. El Doctor Derks y su equipo trabajan siguiendo a la perfección el enfoque de la “centralidad del paciente” y mis padres estaban convencidos de que ellos tenían que tratarme. Nos hablaron de la Directiva 2011/24/EU de la Unión Europea sobre derechos de los pacientes en asistencia sanitaria transfronteriza que servía de base legal para conseguir mi traslado.

En paralelo, mis padres contactaron con MetabERN, la Red Europea de Referencia para Enfermedades Metabólicas Heredadas de la Unión Europea, cuyo fin es facilitar el acceso al mejor tratamiento posible y la cobertura de las necesidades de pacientes con enfermedades metabólicas. El Coordinador de MetabERN, el Profesor Scarpa, otro profesional excelente, muy amable y siempre dispuesto a ayudar, entendió muy bien nuestra complicada situación.

Desde aquel momento, el Doctor Derks y su equipo, los miembros de MetabERN liderados por el Profesor Scarpa y funcionarios del sistema de salud italiano hicieron todo lo posible para que se me trasladara a Holanda. Fue un trabajo en equipo espectacular y un ejemplo excelente de la asistencia sanitaria transfronteriza en la Unión Europea. Estamos muy agradecidos a todos ellos por los esfuerzos que hicieron para asegurarme el mejor tratamiento posible.

Si mi enfermedad no hubiera sido tan rara ni mi tratamiento tan complejo, normalmente los médicos holandeses podrían haber contactado a los españoles para un tratamiento conjunto sin tener que desplazarme. Sin embargo, considerando la rareza de la enfermedad y el hecho de que iba a seguir un tratamiento innovador, experimental, aún no oficialmente aprobado y que se estaba realizando en muy pocos centros a nivel mundial, estaba claro que solo podía hacerlo de forma segura en Hospital Universitario de Groningen. De hecho, aconsejamos rotundamente que nadie intente seguir este tratamiento en casa o sin el seguimiento de médicos expertos.

El tratamiento estaba basado en la publicación de una investigación de dos científicos a los que admiramos profundamente Maria Veiga-da-Cunha y Emile Van Schaftingen (Veiga-da-Cunha et al –PMID: 30626647).

En pacientes con glucogenosis tipo 1b, la mutación genética provoca deficiencia de G6PC3 o G6PT, y a su vez acumulación de 1,5AG6P que inhibe el proceso de glucólisis, lo cual afecta negativamente a los neutrófilos (parte del sistema inmunitario) ya que la energía necesaria para su correcto metabolismo depende de esta. La investigación sugiere que incrementar la excreción renal de 1,5AG podría ser una alternativa o un tratamiento complementario de la neutropenia (baja cantidad y funcionalidad de defensas) en estos pacientes. Esta excreción renal de esta sustancia que nos resulta tóxica se facilita mediante una medicina llamada empagliflozina (empa, nombre comercial «Jardiance») que normalmente se utiliza para pacientes con diabetes tipo II, siendo el uso para pacientes de glucogenosis tipo 1b un muy buen ejemplo de reutilización de una medicina ya existente.

Desde entonces el Doctor Derks y otras doctoras maravillosas han escrito otros artículos cuyos resúmenes se pueden encontar aqui: Wartmann et al y Grünert et al. Además, participamos con los tres en un Seminario Web en el que se expusieron.

Por otro lado, en el marco de nuestro apoyo a la investigación, financiamos la publicación de otro artículo sobre la eficacia y seguridad del tratamiento con empagliflozina basado en las experiencias de 112 pacientes. Posteriormente se ha publicado otro artículo explicativo del tratamiento

Incluso una «familia glucogenosis» muy creativa ha hecho video explicativo sobre este tratamiento (por Kathryn Pierce) y Fraser Allan ha contado su propia experiencia y mejoría en otro. 

Todo esto con la intención de qué el tratamiento se conozca cada vez mejor y más pacientes tengan acceso a éste, basándonos en evidencia científica.

Antes de ir a Holanda, el Doctor Derks nos informó sobre el tratamiento, los beneficios que se esperaban y los posibles efectos contraproducentes. El empa puede producir hipoglucemias (que es precisamente lo que se quiere evitar en mi caso) pero esperábamos que los beneficios de eliminar el 1,5AG superaran los posibles riesgos, y nos lanzamos a por ello.

La preparación del viaje fue muy intensa pues supuso un esfuerzo logístico y burocrático serio y delicado (¡Gracias a Viajes Acuario y a nuestro amigo Juanjo!). Debíamos llevar en todo momento las medicinas, alimentos, complementos, equipos, suministros, por carretera y en el avión, tanto en el equipaje facturado como en el equipaje de mano, respetando la cadena de frio, y al mismo tiempo controlando los niveles de glucosa de Nina y su dieta de forma continua.

 

Viajamos con nuestro super primo Luis, enfermero con un corazón gigante, en caso de que hubiera alguna emergencia en el avión y con la Súper Abuela Lola, siempre lista para cualquier batalla.

Ya en el hospital, tras hacer algunas analíticas para establecer una línea de base y saber de dónde partíamos, comenzamos el tratamiento con empa, tomando varias medidas de precaución y controles de seguridad. Por ejemplo, mediamos la cantidad de glucosa que perdía a través de la orina para asegurarnos de que eran niveles aceptables. También empezamos con dosis bajas de empa que fuimos incrementando poco a poco y teníamos un plan de contingencia en caso de que las cosas no fueran como esperábamos.

Hubo una cosa que nos dejo muy satisfechos: el Doctor Derks midió la cantidad de glucosa que me estaban dando al día mis padres a través de la alimentación antes de ir a Holanda y resultó que me estaban dando exactamente la cantidad que una peque como yo necesitaba. Esto no es fácil porque muchas veces se nos puede sobrealimentar o darnos menos de lo que necesitamos así que andaron con un ojo muy fino.

Tras unas semanas, empezamos a notar que el empa estaba haciendo su trabajo. Redujo la cantidad de 1,5AG y mejoró tanto el número como la funcionalidad de mis neutrófilos. Una maravillosa consecuencia fue que mis problemas de absorción de alimentos empezaron a desaparecer ya que al eliminar la toxina generada por el 1,5AG mis neutrófilos estaban “en mejor forma” para luchar contra las bacterias «malas» que pudiera haber en mi aparato digestivo. Por fin fui capaz de tolerar la maicena, lo cual me ayudó a tener periodos de ayuno más largos.

Curiosamente, este tratamiento suele funcionar muy bien en los casos más severos. Muchos de estos son tan graves porque tienen gran cantidad de toxina acumulada y cuando se elimina, los pacientes experimentan en proporción más mejoría de la que pueden experimentar casos más leves. En cualquier caso, la buena noticia es que resulta bueno para casi todos y que por ahora parece que no hay efectos contraproducentes, sobre todo en peques. Si bien, hay que estar siempre muy atentos y vigiliar como evolucionan ciertos órganos, como los riñones.

Llegados a ese punto, teníamos diferentes opciones: hacer comidas seguidas de maicena durante todo el día (aproximadamente de 6 a 8 comidas en 24 horas) o hacer estas comidas solo durante el día y conectarme a la alimentación continua durante la noche. También teníamos la opción de establecer horarios fijos a los que dar estas comidas cada día o simplemente darlas cuando los niveles de glucosa comenzaran a bajar, estuvieran alrededor de 72 mg/dl y con tendencia a seguir bajando.

A día de hoy, ya estamos de vuelta en casa y estoy mucho mejor. Mis niveles de glucosa en sangre son más estables, “solo” como cada tres o cuatro horas (con un pequeño snack entre medias), mi sistema inmunitario es más fuerte, como alimentos sólidos mejor por boca, he crecido varios centímetros y he perdido algo de peso (algo positivo, considerando que tenía sobrepeso). Aún no he podido dejar los pinchazos diarios de neupogen para seguir aumentando el número de defensas pero si todo va bien, esperamos que algún día sea posible dejarlas o reducir su frecuencia.

De vez en cuando, aún tenemos días difíciles: en ocasiones, de la nada, llegan momentos en que necesito más alimento para mantenerme estable y mis niveles de glucosa bajan mucho más rápido. Hay infinitas posibles razones tras estos episodios: estirones de crecimiento, dientes saliendo, un virus, una bacteria, una infección, incluso una pesadilla o una “resaca” después de un día en el que haya estado muy activa. Puede llevarnos varios días saber qué está pasando y la mayoría de las veces nunca lo sabemos con certeza o puede que estén pasando varias cosas a la vez.

Simplemente lo superamos, poco a poco, esperando que no dure mucho, preparándonos para una posible hospitalización de urgencia pero también haciendo lo posible para evitar el hospital por ser un foco de posibles infecciones. En cualquier caso, estos periodos más delicados también son más llevaderos desde el nuevo tratamiento.

La glucogenosis tipo 1b aún es una enfermedad muy dura pero, al menos, hemos mejorado mucho nuestra situación. Con un poco de suerte, a medida que crezca las cosas se pondrán más fáciles y quizás, cuando pasen unos años, podré recibir la terapia génica cuya investigación estamos apoyando.

Mirando el lado bueno, debo decir que esta enfermedad me ha dado la oportunidad de conocer a mucha gente maravillosa y de vivir una experiencia increíble en el Hospital Universitario de Groningen, donde nos sentimos bienvenidos, comprendidos y escuchados.

El equipo médico nos visitaba cada día, tuvimos varias reuniones con ellos, nuestra opinión no solo era apreciada sino que se tenía muy en cuenta para tomar decisiones sobre el tratamiento. Un buen ejemplo fue una reunión multidisciplinar a la que mi padre fue invitado y en la que participaron médicos, nutricionistas, enfermeras, psicólogos, logopedas, pedagogos, dándonos una oportunidad excelente para continuar aprendiendo y sintiéndonos muy seguros.

Durante mi estancia en el hospital no solo mi salud mejoró mucho sino que también tuve la oportunidad de celebrar mi segundo cumpleaños con el magnífico equipo de profesionales sanitarios. Aprendí algunas palabras en holandés y conocí a otros pacientes con glucogenosis.

Por si eso fuera poco, participé junto con el Doctor Derks en una clase/conferencia para estudiantes de medicina llamada “Entrevista con el paciente” que fue una experiencia inolvidable. Los estudiantes debían averiguar mi enfermedad haciéndonos preguntas y tuvimos la oportunidad de compartir muchas cosas, no solo médicas sino también personales. Nos pidieron un consejo y humildemente les recomendamos que, por favor, siempre le dieran mucha importancia a la parte humana (y no solo médica) de la historia de los pacientes.

De nuevo, me sentí muy afortunada, a pesar de todas las dificultades. Durante todas aquellas semanas tuve la ocasión de reflexionar y a veces me preguntaba: ¿Qué pasará con esos pacientes de glucogenosis tipo 1b cuyos padres no hablan otros idiomas, no puede hacer nuevos contactos, o no tienen el tiempo o los recursos que mis padres encontraron para ir a Holanda?

Me encantaría que otros pacientes con glucogenosis 1b también pudieran ser afortunados y tuvieran acceso al mejor tratamiento médico posible. En este momento, aún es un poco difícil, lleva tiempo ejecutar nuevos tratamientos y construir la evidencia necesaria antes de que se haga disponible de forma genérica pero esperamos que eso ocurra cuanto antes y apoyaremos este proyecto a través de nuestra causa en www.ninalaguerrera.org con la que ya apoyamos también la investigación sobre terapia génica de la Universidad de Connecticut.

Siempre hemos creído en la ciencia y la investigación y pensamos que nuestra historia es buena prueba de cómo estas, junto con formidables equipos de profesionales sanitarios, pueden mejorar la vida de las personas.

Para concluir, me gustaría decir que no tengo palabras para expresar nuestra infinita gratitud a todas las personas e instituciones que han participado en este proceso y a todos nuestros “Guerrer@s En Acción” que tanto apoyan la investigación.

Como mi mama y mi papa suelen decir: “Por fin podemos disfrutar de nuestra hija como una familia y hemos pasado de sentirnos como los cuidadores de Nina a realmente sentirnos como sus padres”.

Millones de NinAbrazos.

 

 

Un giorno nella vita di Nina (prima di conoscere al Dr. Derks) :)

Ciao Guerrier@!

Terminata la mia particolare «Guerra Fiamminga» nei Paesi Bassi e dopo il successo della seconda epica «Battaglia degli Alamos» non riesco a smettere di festeggiare i buoni risultati ottenuti in entrambi, sia presso il Centro Medico Universitario di Groningen con il mio caro dottor Derks e la sua squadra, come con tutti i miei Guerrier@ In Azione ne «La corsa Solidaria» che porta il mio nome.

Fra così tante celebrazioni, mi sono resa conto che non ho mai potuto darvi i dettagli di com’era un giorno nella mia vita prima di incontrare il Dr. Derks, come erano le mie intense e dure battaglie quotidiane prima di avere le armi che mi sono state regalate recentemente nei Paesi Bassi.. Penso che ora sia un buon momento per farlo, di fatto quando vi racconterò le novità dopo Groningen e la mia routine attuale, potrete vedere la grand differenza 🙂

Senza preamboli, vi racconto un giorno standard:

09.00: sveglia. Preparare 3 biberon da 210 ml di formula di soia (210 ml di acqua e 7 cucchiai di latte in polvere di formula di soia) per la giornata. Controlla la glicemia. Interrompere alimentazione continua notturna e scaricarla dalla pompa di alimentazione. Controlla la glicemia. Dare 60 ml di latte di soia. Se vuole mangiare per via orale, daglielo per sonda naso-gastrica. Pulire la pompa di alimentazione con acqua

09.25: dare mezzo tappo di allopurinolo sciolto in un cucchiaio d´acqua per via orale.

09.45: controllare la glicemia e somministrare 60 ml di latte di soia. Fai il bagno (non può durare più di 40 minuti, prima di fare quella copertura con un sacchetto di plastica continua il monitoraggio del glucosio nella parte superiore del braccio)

10.20: controllare la glicemia e somministrare 60 ml di latte di soia o 5gr di cereali senza zucchero in 80 ml di acqua. Se vuole mangiare per via orale, daglielo per sonda naso-gastrica.

10. 35 am: darle 20 grammi di amido di mais fila. Se vuole mangiare per via orale, daglielo per sonda naso-gastrica e lavala il tubo con 5 ml di acqua dopo.

10.50: prova a dare yogurt di soia o un pezzetto di salsiccia per mordere o qualsiasi altro alimento che lei potrebbe voler provare (90% dei casi: non mangia nulla per via orale).

11.05: controllare la glicemia e somministrare 60 ml di latte di soia. Se vuole mangiare per via orale, daglielo per sonda naso-gastrica. Cerca di farle mangiare qualcosa per via orale.

11.15: dare 300 ml di vitamina E (per via orale);

11.20: prendere dal flaconcino (conservato in frigorifero a una temperatura di 2-8 gradi) con una siringa da 20 mcg. di Neupogen e iniettarlo nella parte superiore della gamba

11. 50: dare 60 ml di latte di soia o cereali senza zucchero in 80 ml di acqua. Se vuole mangiare per via orale, daglielo per sonda naso-gastrica.

12.35: 60 ml di latte di soia o cereali senza zucchero in 80 ml di acqua. Se vuole mangiare per via orale, daglielo per sonda naso-gastrica.

12.40: preparare pappe – pesare ogni singolo ingrediente per ottenere una purea semiliquida (10 grammi di carboidrati in totale e 40-50 grammi di proteine ​​+ 5 gr di olio extravergine di oliva per porzione)

13.15: controllo della glicemia. Prova a dare la pappa. Al 50% delle volte non lo mangerà o potrebbe richiedere 30 minuti per 3-5 cucchiai. Nel caso in cui dopo i primi 10 minuti di prova non lo mangi affatto, somministrare 60 ml di latte con formula di soia.

13.55: controllo della glicemia. Somministrare 60 ml di latte di soia o cereali senza zucchero in 80 ml di acqua. Se vuole mangiare per via orale, daglielo per sonda naso-gastrica-gastrico.

14.10 pm: darle 20 grammi di amido di mais fila. Se vuole mangiare per via orale, daglielo per sonda naso-gastrica e lava la sonda con 5-10 ml di acqua dopo.

14:15 pm: di solito dorme per mezz’ora o al massimo un’ora.

14.40 pm: controllare la glicemia. Somministrare 60 ml di latte di soia o cereali senza zucchero in 80 ml di acqua. Se vuole mangiare per bocca o se dorme, daglielo per sonda naso-gastrica.

15.25 pm: controllare la glicemia. Somministrare 60 ml di latte di soia o cereali senza zucchero in 80 ml di acqua. Se vuole mangiare per via orale, daglielo per sonda naso-gastrica.

16:10: controlla la glicemia. Somministrare 60 ml di latte di soia o cereali senza zucchero in 80 ml di acqua. Se vuole mangiare per via orale, daglielo per sonda naso-gastrica.

16:25 pm: darle 20 grammi di amido di mais in fila. Se vuole mangiare per via orale, daglielo per sonda naso-gastrica e lava giù il tubo con 5 ml di acqua dopo.

17:10: controlla la glicemia. Somministrare 60 ml di latte di soia o cereali senza zucchero in 80 ml di acqua. Se vuole mangiare per via orale, daglielo per sonda naso-gastrica. Cerca di darle tutto ciò che può mangiare (proteine ​​o piccoli pezzi di carboidrati come cracker di riso, cracker di mais, yogurt di soia o qualsiasi altra cosa che possa provare a masticare)

17:55: controlla la glicemia. Somministrare 60 ml di latte di soia o cereali senza zucchero in 80 ml di acqua. Se vuole mangiare per via orale, daglielo per sonda naso-gastrica.

18: 40 pm: controllare la glicemia. Somministrare 60 ml di latte di soia o cereali senza zucchero in 80 ml di acqua. Se vuole mangiare per via orale, daglielo per sonda naso-gastrica. Cerca di darle tutto ciò che può mangiare (proteine ​​o piccoli pezzi di carboidrati come cracker di riso, cracker di mais, yogurt di soia o qualsiasi altra cosa che possa provare a masticare)

19.20: controllare la glicemia. Somministrare 300 mcg di vitamina E per via orale. Prova a dare il cibo per bambini (precedentemente preparato e tenuto refrigerato, altrimenti prepara uno misurando tutti gli ingredienti, cucinando e fracassando come purea liquida). Al 50% delle volte non lo mangerà o potrebbero essere necessari 30 minuti per 3-5 cucchiai.

Nel caso in cui dopo i primi 10 minuti di prova non lo mangi affatto, somministrare 60 ml di latte con formula di soia. Un’alternativa se non mangia cibo reale durante il giorno è quella di provare a somministrarlo tramite la sonda naso-gastrica e successivamente lavare la sonda con 15 ml di acqua. Molto spesso si ostruisce, quindi dobbiamo toglierle un po’ di tubo dal naso, provare a lavarlo con acqua tiempida, se non funziona dobbiamo rimuoverlo e rapidamente sostituirlo con uma nuova sonda (incollandolo alla sua faccia con due tipi speciali di nastor adesivo che devono essere tagliati a misura) prima che il tempo di digiuno sia finito e lei entri in ipoglicemia.

20.05: controllo della glicemia. Somministrare 60 ml di latte di soia o cereali senza zucchero in 80 ml di acqua. Se vuole mangiare per via orale, daglielo per sonda naso-gastrica.

20: 20 pm: darle 20 grammi di amido di mais fila. Se vuole mangiare per via orale, daglielo per sonda naso-gastrica e lavarla il tubo con 5 ml di acqua dopo.

20.50: controllare la glicemia. Somministrare 60 ml di latte di soia o cereali senza zucchero in 80 ml di acqua. Se vuole mangiare per via orale, daglielo per sonda naso-gastrica.

21.35: controllo della glicemia. Somministrare 60 ml di latte di soia o cereali senza zucchero in 80 ml di acqua. Se vuole mangiare per via orale, daglielo per sonda naso-gastrica.

22.20: controllare la glicemia. Somministrare 60 ml di latte di soia o cereali senza zucchero in 80 ml di acqua. Se vuole mangiare per via orale, daglielo per sonda naso-gastrica.

23.05: controllo della glicemia. Somministrare 60 ml di latte di soia o cereali senza zucchero in 80 ml di acqua. Se vuole mangiare per via orale, daglielo per sonda naso-gastrica.

23.15: preparare tre biberon (circa 700 ml) di latte di soia e cereali (tutti misurati con una scala come al solito) per la sua notte continua l`alimentazione. Metti dentro le sue bottiglie 5 gocce di vitamina D, 1 ml di ferro, 10 gocce di multivitaminico senza zucchero, una capsula di Omega 3 (aprila attraverso un mezzo e spremi il liquido nella bottiglia), una bustina di probiotici (si usa il probiótico piu’ completo existente sul mercato, deve avere oltre i 200 billioni di probiotici).

23.50: controllare la glicemia. Somministrare 60 ml di latte di formula di soia e collegare Nina alla pompa per alimentarla continuamente a una velocità di 50 ml / h. Controlla attentamente lo zucchero nel sangue di Nina la prima ora e poi continua ogni ora circa. Se la sua bs scende sotto i 60-70 glucosio nel sangue, o supera i 110 bs, aumenta o diminuisce la velocità della pompa. Se i cereali si sono bloccati nel sistema, l´allarme della pompa suona e dobbiamo svegliarci e risolvere il problema.

Se Nina si muove durante la notte, la pompa può intasarsi e l’allarme suonare (ma non sempre, a volte um cavo si piega ed entra meno quantita’ del dovuto provocando ipogliecemia senza avvisare, monitorare ad ogni movimento), quindi dobbiamo risolvere il problema. Se durante la notte Nina sperimenta un calo della glicemia, nella maggior parte dei casi lei non se ne accorge (hypoglicemia unawarness) ed è per questo che è molto importante tenerla sotto controllo giorno e notte. Se la sonda le esce dal naso e stomaco perche’ con movimenti il nastro adesivo si stacca, il latte continua comuque a fuoriuscire dalla sonda e l’allarme non suona, novamente, e’ necessário monitorearla tutta la notte.

Questo è fino alle 09:00 quando inizia la routine, tutto deve essere ripetuto di nuovo sopra.

Inoltre, tieni presente:

Ogni volta che utilizziamo una siringa per alimentare Nina attraverso il tubo, deve essere lavata. Ogni tanto durante il giorno operare la manutenzione delle siringhe (lavarle e metti um po’; olio d’oliva per evitare che la plastica si espanda e rimanga bloccata – le siringhe non possono essere acquistate in quantità, sono fornite e contate in número).

Pre-preparare la formula di soia o i biberon di cereali durante il giorno quando necessario – basta preparare i biberon vuoti essiccati con la polvere misurata (asciugare bene i biberon con un pezzo di carta per evitare l’umidità che può causare il bloccaggio della polvere) e ricordati di impiegare circa 20 minuti per preparare i biberon notturni e se il tempo lo consente.

Nina ha bisogno di essere cambiata molto spesso a causa della grande quantità di liquido che assume tutto il giorno, tener presente che l’amido di mais crudo provoca feci / diarrea diverse volte al giorno. Nina gioca tutto il giorno, quindi tutti i trattamenti devono essere somministrati durante la sua routine quotidiana. Se Nina cammina per più di 10 minuti consecutivi, dobbiamo fermarci e farla sedere per un po'(non può correre, cioè perché sta bruciando troppo zucchero a causa del consumo di energia) o il suo livello di glucosio scenderà molto velocemente e potrebbe dura meno di 40-45 minuti, come 20 minuti.

Emergenza di cui tenere conto – necessità di un monitoraggio costante:

Se Nina si ammala, ha un’infezione batterica o virale, i suoi livelli di glucosio diminuiscono o il suo tempo di digiuno è inferiore ai 40-45 minuti sopra descritti, quindi dobbiamo monitorare attentamente se la situazione si deteriora e potrebbe essere necessario andare al ospedale per somministrare glucosio per via endovenosa per mantenere stabile il suo livello di glucosio. Se l’infezione coinvolge il suo intestino, o se ha vomito o diarrea, questa è un’emergenza perché il suo livello di glucosio non aumenta e deve essere portata in ospedale per ottenere il glucosio per via endovenosa, altrimenti può avere convulsioni in pochi minuti che possono causare danno cerebrale o persino morte (e causa sempre conseguenze o danni agli organi a causa dell’aumento di acido lattico, triclicidi, transaminasi, etc.).

Se Nina ha un raffreddore, a causa della sonda naso-gastrica, può vomitare anche 10 volte al giorno. Ogni vomito può causare una grave ipoglicemia in pochi minuti, quindi è necessario minotorarla attentamente per capire se la causa deve e puo’ essere affrontata immediatamente a casa o se è necessario andare in ospedale: somministrarle medicine per fermare il vomita se si ripete più di due volte di seguito, somministrarle gel di glucosio se il suo livello di glucosio scende i 60, portarla in ospedale se non si ferma o non riesce a mantenere stabile il livello di glucosio a casa (per acceso endovenoso e somministrazione di glucosio 10%).

Ogni volta che Nina va in ospedale, è una grande sfida per gli infermieri trovare una vena da canalizzare. Ha vene sottili e inoltre, è stata canalizzata molte volte tanto quanto intraprende esami del sangue periodici in modo che le sue vene siano rotte / le consentano di servire questo scopo a causa di flebite, ecc. Molto spesso finisce in terapia intensiva (anestesia) con una vena centrale da dover canalizzare.

Un altro motivo per cui decidere di canalizzarle una vena centrale è a causa di motivi di sicurezza e salvavita (ad esempio, se soffre di un’infezione in cui la sua vita dipende dal glucosio per via endovenosa perché non può assumerla per via orale, il suo intestino non assorbirebbe alcun cibo per poter mentenere il suo glucosio stabile), ha bisogno di un accesso endovenoso più sicuro per evitare qualsiasi rischio con conseguenze gravissime (danni fisici, danni celebrali ed anche la morte).

 

Dieta

Nina non può assumere nessun tipo di zucchero: fruttosio, lattosio, galattosio. Non può mangiare cibi fritti né alimenti trasformati o alcool. Quando assume carboidrati, gli stessi devono essere misurati in grammi, somministrati a orari specifici e consumati in un tempo dato. Nina è libera di mangiare solo proteine ​​in qualsiasi momento e senza alcuna limitazione fatta eccezione per quanto sopra indicato (purtroppo pero’ non há mai fame dovendo assumere continuamente cibo ed avendo la pancia sempre piena).

Borsa di emergenza

Nina può toccare e allontanare il suo ngtube durante il viaggio o di notte: dobbiamo monitorare se questo è il caso e avere sempre uma sonda naso-gastrica di emergenza sulla borsa di emergenza + due diversi tipi di strisce per il viso.

Il monitor del glucosio di Nina può fallire: ha bisogno di portare una sostituzione del sensore + strisce + 2 tipi di bende per coprirsi il braccio.

Nina deve sempre controllare i livelli di glucosio, ha bisogno di strisce di glucosio, dispositivo per le mani di glucosio, unghie, dischetti di cotone e disinfettante per le mani. La borsa di emergenza include strisce extra, siringhe extra di tutti i tipi (per latte di soia, per medicinali, per iniezione giornaliera), gel di glucosio, destrosio al 10% in una bottiglietta di vetro, alcuni piccoli contenitori di latte di soia e cereali (almeno per durare 6 ore), acqua, garze, sonda naso-gastrica.

Porta sempre nella sua borsa la lettera del protocollo di emergenza di Nina.

Vi ho raccontato tante cose ma ancora mi resta la sensazione di aver dimenticato qualcosa.. Ad ogni modo, questo é il mio «diario noioso»… anche se é ciò che mi ha permesso di sopravvivere fino ad ora..

Il mio «diario divertente» é tutto il resto: libri musicali, giochi, canzoni, creazioni con l’argilla, il pongo, i musei, piccole passeggiate, il mare e tanto tanto amore da parte di tutt@ voi e le innumerevoli iniziative dei miei Guerrier@ In Azione 🙂

NinAbbracci Guerrier@! 🙂